Divampano polemiche nei territori prealpini della Lombardia e limitrofi. Pietra dello scandalo – ovviamente presunto – l’atteggiamento dell’ANUUMigratoristi nazionale che, stando alle voci dei soliti bene informati (si fa per dire), avrebbe “barattato” non si sa esattamente cosa con le modifiche all’art. 4 della legge 157/92, come attualmente previste dal Decreto legge n. 91 cosiddetto “Ambiente protetto”.
Occorre, quindi, dissolvere le nebbie fuori stagione che sembrano ristagnare nelle menti di taluni, non solo per onore della verità ma soprattutto per rivendicare il ruolo di assoluta competenza tecnica e giuridica dell’Associazione sui temi concernenti la migratoria e, in particolare, proprio sulle catture dei Passeriformi che, senza l’ANUUMigratoristi, in Italia sarebbero già da molti anni vietate con buona pace di tutti coloro che si sentono esperti della materia solo perché scrivono sui forum sul web o solo perché da qualche anno implicati in tali vicende.
Quindi, nessuna lezione di strategia dagli improvvisati! Chi c’era sa benissimo (e chi non c’era lo apprenda) che alle ore 12.00 del 10 giugno scorso la caccia da capanno era a rischio: ogni premessa del voto sulla comunitaria alla Camera era foriera di pesanti conseguenze per le catture, attività fondamentale per i capannisti. Semmai, è stato proprio il colloquio dell’ultimo minuto con il Ministro da parte delle Associazioni venatorie aderenti a FACE Italia (Federcaccia, ANUUMigratoristi, ANLC ed Enalcaccia) più Arci Caccia, a consentire un ripensamento, con gli esiti del voto che tutti ricordano.
Poi, la mossa a sorpresa del decreto legge: il quale, si sa, ha forza di legge ma deve pure essere convertito entro 60 giorni dalla sua pubblicazione, pena la decadenza. Sul decreto si sta perciò lavorando, tra gli altri, sul problema dei richiami da allevamento, che devono essere ben distinti da tutti gli altri, perché sarebbe ridicolo equipararli ai presicci come limiti di detenzione e utilizzo. Bisogna inoltre pensare che gli atti autorizzativi delle catture già da anni in Lombardia venivano approvati (prima dal Consiglio con legge e poi dalla Giunta con delibera) facendo esplicito rimando alle deroghe di cui all’art. 9 della direttiva “Uccelli”, ossia ai sensi dell’art. 19 bis della legge 157/92. Semmai, erano le altre Regioni a non esplicitare tale rimando, de facto però attenendosi al principio della deroga. Tutto il resto sono rumors più o meno strumentali: basta andare a rileggersi quale Associazione abbia tanto intensamente lavorato in Europa e si sia sempre costituita ad opponendum – ad esempio – insieme alla Regione Lombardia contro i ricorsi abrogazionisti delle catture negli ultimi quindici anni per capire chi lavora per garantire un futuro alle nostre cacce tradizionali o, meglio ancora, regionali e invece chi lo fa solo per rosicchiare consensi e iscritti da un bacino che, tra l’altro, ormai è al limite delle capacità autorigeneranti. Non è difficile verificarlo, basta solo volerlo fare: e lo vuole solo chi ha onestà intellettuale sufficiente per provarci.
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