Quella dei richiami vivi è una battaglia tutta da combattere per i cacciatori lombardi, dove la tradizione del capanno coinvolge la maggior parte degli appassionati. Il Cupav di Bergamo sta studiando una strategia difensiva che comprende un nuovo ruolo per i roccoli, strutture da tutelare (magari anche sotto la protezione dell'Unesco), e a cui dare un nuovo ruolo scientifico per lo studio degli uccelli.
Su questi temi il Cupav ha inviato in regione un dettagliato dossier con il quale dimostra che l'interruzione dell'attività di cattura deliberata dalla Lombardia (a partire dal 2017) è del tutto immotivata e non prevista da nessuna normativa o sentenza, ma anche che gli attuali sistemi di cattura rispecchiano pienamente i requisiti previsti dalla Direttiva 2009/147/CE, cosa dimostrata dal fatto che molti altri paesi membri dell'UE (Austria, Belgio, Finlandia, Francia, Lettonia, Malta, Paesi Bassi, Spagna e Regno Unito) applicano deroghe analoghe a quelle italiane, senza incorrere in sanzioni comunitarie.
Le reti italiane rispettano il principio di selettività, come dimostrato e documentato in passato anche da Ispra ed i limiti delle piccole quantità sono rigidamente imposti dai provvedimenti provinciali (reti per altro identiche a quelle utilizzate dagli osservatori europei aderenti a Euring). I roccoli esistono da almeno 500 anni e sono una tradizione ben ancorata in molte zone italiane. L'Europa tutela (o dovrebbe) le tradizioni venatorie. “Altri Paesi membri dell’U.E. (Francia, Paesi Bassi) – si legge nel dossier - autorizzano la tradizionale cattura di volatili con mezzi anche meno raffinati ed articolati dei nostri, proprio appellandosi al rispetto delle consuetudini e delle tradizioni (ad es. la “tipica e tradizionale” raccolta primaverile delle uova di pavoncella…)”.
Ispra – dice il documento - continua a sostenere, senza dimostrarlo che l’allevamento è una soluzione alternativa alla cattura. La realtà è però ben diversa. Il caso pratico della Provincia di Vicenza, coordinato dalla Regione Veneto, denominato “Progetto turdus”, consistente nel tentativo di allevare turdidi (tordo bottaccio e tordo sassello) in cattività. Nonostante il dispendio in termini di attrezzature e di impegno e di passione degli allevatori, i risultati sono bassi, con un successo riproduttivo di soli 3 tordi sasselli per coppia, di cui solo 1 sopravvissuto (2 morti nei 6 giorni segg. dopo la nascita) pari ad un successo riproduttivo di circa 0,5 uccelli per coppia e di 22 tordi bottacci nati su 15 uccelli adulti pari ad un successo riproduttivo di circa 3 uccelli per coppia; si ricorda che in natura il successo riproduttivo di queste specie si attesta mediamente attorno ai 10 nati per coppia. La stessa Banca Dati regionale dei richiami, dimostra che così non è, perché il rapporto procapite (uccello da richiamo/cacciatore) si attesta attorno a 5,82 tordi bottacci di cattura e 7,77 di allevamento, a meno di mezza allodola di cattura e 1,78 di allevamento, gli altri turdidi sia di cattura che di allevamento sono in proporzione meno di 3 esemplari per cacciatore. Il tutto tenuto conto del limite massimo di 10 esemplari di cattura per specie per ogni singolo cacciatore. Mentre la 157/92 non specifica alcun limite per i richiami di allevamento. Dopo oltre 20 anni di completo parallelismo tra catture e allevamento in Lombardia la banca dati attesta come i richiami di allevamento sono solo il 56% del totale.
La difesa dei roccoli. A sostegno della tradizione dei roccoli, l'ingegnere Alessandro Balestra, voce di spicco del Cupav (vice presidente provinciale Cpa) e allevatore per passione, sull'Eco di Bergamo ipotizza un nuovo ruolo scientifico per gli impianti di cattura. "I roccoli – spiega - sono delle basi formidabili per la raccolta dati degli uccelli che rimangono impigliati nelle reti. quelli che non rientrano nel progetto di cattura vengono rilasciati. Ma non sarebbe utile trasformare i roccoli in basi scientifiche per l'inanellamento ornitologico? Un'attività che potrebbe funzionare contemporaneamente durante l'attività venatoria e d'estate funzionare come base per l'inanellamento e le misure biometriche degli uccelli. Sarebbe un pregevole aiuto alla scienza ornitologica che studia la migrazione delle varie specie di uccelli". Non solo. Anche l'allevamento potrebbe giovarne: "I roccoli potrebbero servire anche a risolvere molti problemi d'allevamento. Non dimentichiamo il canto. I soggetti allevati dimostrano una minor qualità canora; l'inserimento in batteria di uccelli di cattura contriburebbe a preservare il 'dialetto degli uccelli' conservando tutte le peculiarità specifiche canore della specie, non dimentichiamo infine anche il grosso problema della consanguineità che senza le catture è impossibile da risolvere". Vai al dossier sui richiami vivi Sintesi dossier Per un ulteriore approfondimento, in linea con i temi sopra esposti leggere anche: Richiami vivi: la fauna selvatica allevata in cattività, cambia la genetica? |