Negli scorsi giorni sul quotidiano torinese La Stampa sono apparsi diversi articoli sul provvedimento della regione che ha ristretto le specie cacciabili di fauna tipica apina. In essi si sono lette le ragioni dell'assessorato e l'opinione di parte animalista e non quella dei cacciatori. E' quanto denuncia, in una lettera aperta al Direttore de La Stampa, la Federcaccia piemontese, in nome dei 16 mila cacciatori che rappresenta.
La voce dei cacciatori, si dice nella lettera, è stata incomprensibilmente ignorata, nonostante, dice Fidc “avevamo richiesto di poter esporre democraticamente le proprie ragioni”. “Vede Direttore - scrive Fidc -, noi ci opponiamo fermamente alla decisione della Regione, e anche con sostanziose motivazioni tecnico-scientifiche”. Ragioni che, viene annunciato, “saranno sviluppate nelle sedi più opportune”.
L'associazione venatoria intende più che altro portare a galla lo “squilibrio informativo” che, si legge nella missiva, “con precisione svizzera, penalizza sempre il mondo della caccia ogni qual volta se ne parli o scriva, costringendoci quasi a cercare una nuova legittimazione sociale". Si dimentica troppo spesso, si sottolinea nella lettera, che “che chi caccia in Italia lo fa solo in virtù d'una legge dello Stato”, “che il cacciatore italiano viene "radiografato" ogni sei anni da medici legali, Carabinieri e Polizia in sede di rinnovo del porto d'armi, negato senza pietà quando anche solo una minima macchia ne offuscasse presente o passato” e che ogni cacciatore “per esercitare la sua passione paghi robuste quote d'ammissione e tasse a Stato e Regione, quest’ultime da sole in grado di risarcire integralmente i danni agricoli causati dalla fauna selvatica; inoltre effettui costanti attività di ripristino ambientale, censimenti, ripopolamenti e mille altre cose utili al territorio e chi ne beneficia”.
Fidc Piemonte ricorda anche come “all'estero la figura del cacciatore assume una dimensione totalmente differente”. Paesi come Francia, Spagna, Austria, Germania, Gran Bretagna o a Stati Uniti, Canada, Nuova Zelanda riconoscono infatti alla caccia un ruolo determinante all'interno della Società, per la gestione dell’ambiente. “Noi non chiediamo tanto, consci delle differenze che esistono, ma vorremmo almeno rispetto, lo pretendiamo”.
E' tempo d'apertura e, dice Fidc “sappiamo quale trattamento ci aspetti: articoli scritti con la competenza di chi non distingue una pernice bianca da un piccione di cascina, fotografie (tratte chissà da dove) che ci raffigurano come vietcong che setacciano le campagne alla ricerca dei nemici; luoghi comuni...sparati a raffica sulle pagine dei giornali, con efficacia e virulenza certamente superiore alle “famigerate” doppiette dei cacciatori”.
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