Il Governo maltese ha deciso di chiudere temporaneamente la caccia fino al 10 ottobre, ovvero fino alla fine del picco migratorio che riguarda l'isola. Il che, in un paese in cui la concentrazione di cacciatori è ben al di sopra la media rispetto al resto del mondo (su 400 mila abitanti 30 mila sono cacciatori) e molti altri lavorano grazie al turismo venatorio, è diventato un problema di ordine pubblico, con tanto di scontri di piazza e dieci arresti negli scorsi giorni.
La decisione pare sia stata presa a causa del continuo abbattimento illegale di specie protette di uccelli migratori, e in particolare di uno stormo di cicogne negli scorsi giorni. Ma la strategia non convince e rischia invece di punire solo quelli che a caccia ci andavano nel rispetto delle regole. La Federazione della Caccia di Malta, contraria alla sospensione, non esclude altre manifestazioni. "Condanno qualsiasi tipo di violenza – ha detto presidente Lino Farrugia - ma i cacciatori sono infuriati perché questa è stata una punizione collettiva, che colpisce tutti indiscriminatamente”.
Secondo le autorità lo stop potrà marcare la netta distinzione tra cacciatori e bracconieri. “Le proteste di questi giorni – ha ammonito il portavoce del primo ministro Joseph Muscat – apriranno la strada a regole ancora più severe. La sospensione della stagione di caccia autunnale dovrebbe servire come monito per il futuro e incoraggiare i cacciatori in buona fede a denunciare i criminali”. “Una una cosa è la caccia, altro il bracconaggio”, ha detto il portavoce del primo ministro, sottolineando l'enorme differenza tra cacciatori e criminali che abbattono specie protette.
Birdlife Malta ritiene necessaria una revisione della legge sulla caccia. A Malta è stato per altro annunciato un referendum contro la caccia, che ad avviso dei protezionisti dovrebbe svolgersi nella primavera 2015, prima, cioè, dell’apertura della caccia.