La cacciagione sta vivendo un momento di rinascita, grazie all'interesse degli chef più famosi d'Italia ed i consigli dei nutrizionisti. A dirlo è un corposo approfondimento pubblicato sull'ultimo numero de Il Forestale, la rivista del Corpo Forestale dello Stato, in cui si analizzano i vantaggi clinici del consumo della selvaggina e le sue innumerevoli qualità organolettiche degne di ristoranti stellati. E' la carne per eccellenza, si dice nell'articolo, quella fino a poco tempo fa riservata solo ai nobili, così buona eppure così sana. Priva di tutte le controindicazioni attribuite alle carni rosse, che, se consumate troppo frequentemente, sono un fattore di rischio per le principali malattie cardiovascolari.
“Rispetto alla carne proveniente da animali di allevamento i vantaggi della selvaggina sono evidenti – dice Michele Carruba, ordinario di Farmacologia dell’Università di Milano - e derivano in gran parte dall’alimentazione stessa degli animali, nel primo caso forzata e orientata all’accrescimento della massa edibile mentre, la selvaggina, si ciba solo di ciò che trova in natura. La fauna selvatica si muove continuamente libera nell’ambiente, al contrario di quella d’allevamento costretta in spazi ristretti e privata di attività fisica. Tutto questo rende la selvaggina una carne a ridotto contenuto di grassi".
Il Forestale torna sulla serata organizzata alla scuola del Gambero Rosso in occasione della presentazione del Game Fair: una lezione con il grande chef Bruno Barbieri. “Io cucino la selvaggina già da un po’ insieme ad un grande chef italiano, Igles Corelli, in tempi non sospetti, all’inizio degli anni Ottanta. Ci abbiamo messo 30 anni per farlo capire alla gente, ma i risultati non mancano”. Ha detto il giudice di MasterChef. Il vero problema per i ristoranti è reperire la selvaggina. Per ora in Italia viene commercializzata prevalentemente quella proveniente da abbattimenti controllati e protetti (ma le cose stanno lentamente cambiando in diverse regioni, con l'avvio della filiera controllata delle carni, come già sta accadendo in Toscana). Secondo il regolamento europeo 853/2004, i cacciatori possono cedere un capo di selvaggina grossa o cento di selvaggina piccola all'anno, previa, aggiungono le linee guida della Conferenza Stato Regioni del 2009) comunicazione scritta all'esercente con la zona di provenienza dell'animale e documentazione sanitaria.
Non manca una difesa dell'attività venatoria. “Una realtà spesso contestata da animalisti e non - scrive Annalisa Maiorano nel suo articolo - , ma la caccia quanto la pesca sono attività tradizionali, ancestrali connaturate alle tradizioni del territorio”.
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