"I numerosi divieti hanno determinato l'abbandono del territorio che è rimasto nell'incuria totale e dominato da animali predatori come volpi, martore, cinghiali, ghiri". Queste le parole di Pietro Miraglia, presidente del comitato contro il Parco dei Nebrodi, composto da cacciatori. L'occasione della dichiarazione è il voto unanime di Floresta (ME), uno dei 24 comuni all'interno dei confini dell'area, con il quale si è deciso per l'uscita dal Parco.
La caccia, come altre attività non più permesse nel Parco, portava ricchezza nei paesi dell'immenso territorio. Così, dal momento della sua creazione, nel 1994, i cacciatori hanno iniziato una protesta incentrata contro l'ampliamento dei confini del parco. Ma le prospettive non sono certo buone per in questo senso, anzi: negli scorsi giorni altri 21 comuni hanno sottoscritto un accordo temporaneo, che porterà, dopo le valutazioni regionali, all'ampliamento del Parco, "facendolo diventare tra i più grandi d'Italia" annuncia il presidente dell'area protetta, Giuseppe Antonaci.
Noi chiediamo – dice Miraglia – la riduzione del territorio vincolato fino ad una superficie che possa essere facilmente gestita, controllata e finanziata, lasciando libere le attività venatorie e rurali ed evitare così una catastrofe dell'ambiente. E' infatti facilmente comprensibile come un territorio di 85 mila ettari non possa essere gestito con risorse finanziarie irrisorie anche in considerazione del fatto che, ultimamente, si è rischiato di non poter pagare gli stipendi al personale”.