Katia Belliardo, 29 anni, è una cacciatrice di Cuneo. Alla vita di campagna è legata anche la sua professione. Come migliaia di suoi coetanei fa parte di una nuova tendenza che sempre di più vede i giovani protagonisti della riscoperta delle tradizioni di questo paese. Dopo gli studi (turismo e scienze politiche) ha infatti scelto di lavorare la terra con le sue mani. Ha una piccola azienda agricola, che gestisce insieme alla suocera.
Alla caccia è arrivata grazie al marito: “per lui e la sua famiglia – spiega - la caccia è una ragione di vita e sono tutti cacciatori”. “I primi tempi da sposata – continua Katia -, (tra una gravidanza e l'altra) andavo insieme a lui e alla fine mi sono aggiunta alla combriccola”. Da un paio di anni caccia il cinghiale in squadra ma la passione l'ha coinvolta a tal punto che intende ottenere presto le abilitazioni per la tipica fauna alpina e per la selezione agli ungulati. Persino la suocera partecipa, incitandola a continuare. “Si fa le levatacce insieme a noi per venire a far la nonna alle mie due bellissime bambine, e permettermi di andare a caccia, e inoltre è spesso lei ad ospitare le cene di gruppo quando la giornata va bene” racconta.
“Penso che le passioni vissute insieme e a pieno ritmo – spiega Katia - uniscano in modo perfetto la famiglia. Insieme alle tradizioni son la base di una famiglia sana e felice. La caccia ci ha uniti se vogliamo ancora di più nel nostro rapporto e trovo che questo sia davvero importante in un Paese sull'orlo di una crisi di esistenza".
"La cosa che mi piace - continua - è anche il rapporto di amicizia che si crea tra cacciatori a prescindere dall'età e stato sociale, unisce persone con parecchi anni di caccia sulle spalle e giovani del tutto inesperti come me, e forse al giorno d'oggi è bello poter dire che ascolti con grande attenzione quelli più esperti, perchè da loro hai solo da imparare. La mia squadra unisce cacciatori che hanno più di 50 stagioni venatorie fino a me che sono una novizia. La caccia è unità per come la vivo io, a prescindere dal genere di caccia a cui ti dedichi, se incontri un altro cacciatore si scambiano sempre volentieri due chiacchiere (che poi magari diventano anche più di due) sia arroccati sulla cima di una montagna, che sulla piazza del paese. E questo dovrebbe essere così tra associazione venatorie: unità mai divisione!”.
Non solo, “la caccia è totale immersione nella natura e totale concentrazione. Impari a conoscere gli animali sotto ogni profilo, e quando conosci bene una cosa impari a rispettarla ed ammirarla in tutto per tutto”. C'è poi la soddisfazione di vedere lavorare i cani, che ripaga anche di carnieri scarsi e quella di portare in tavola sapori della tradizione “con piatti che dire ottimi sarebbe parecchio riduttivo (in casa mia sono tutti buone forchette)”.
Il rovescio della medaglia c'è. "Non è facile quando qualcuno giudica senza conoscere" spiega Katia. "Il più delle volte sono mal informati e del tutto ignoranti in materia". Dovrebbero prima provare cosa significhi veramente andare a caccia, dice, con un VERO cacciatore. Solo così capirebbero che “lo sparo è ultimo capitolo di un romanzo d'avventura che è a dir poco straordinario”. Far capire cosa è davvero la caccia è compito dei cacciatori stessi secondo Katia, così come passare questi valori ai propri figli. “Questi sono i principi con cui le mie due figlie stanno crescendo e ne andiamo fieri”. Le sue bimbe hanno già una marcia in più e quando escono a far passeggiate nei boschi, cercano tracce di animali e cercano di capire a quale specie appartengano. Questo, chiude Katia, è “un modello di vita sano, rispettoso ed educativo”.