I tantissimi, troppi, cinghiali nella provincia di Trieste sono oggetto di abbattimenti mirati, visto che, da alcuni anni gli ungulati hanno preso l'abitudine di spingersi fin nei centri abitati, creando problemi di ordine pubblico. Ogni anno ai circa
500 cacciati si aggiungono 100 esemplari abbattuti dalle guardie provinciali. Mentre quelli dei cacciatori vengono sottoposte ai dovuti controlli e finiscono per imbandire le tavole di famiglie e amici,
quelli uccisi dai guardiacaccia vanno dritti dritti all'inceneritore, trattati come fossero rifiuti. Uno spreco inaudito, che indigna soprattutto visti gli alti costi della carne da banco, non certo paragonabile, per qualità e gusto a quella pregiata e preziosa di una animale vissuto allo stato brado.
Ma c'è un ulteriore paradosso
, il costo dello smaltimento per il pubblico. Per ogni kg di carne bruciata -riferisce il sito Il Friuli.it - si spendono 98 centesimi, ovvero, in totale almeno
circa 5 mila euro all'anno (calcolando che ogni cinghiale pesi solo 50 kg).
Oltre a questo spreco di denaro bisogna contare
il mancato introito della vendita della carne: altri 20 mila euro secondo il quotidiano. Il tutto per un motivo: non è mai stato attivato il sistema di controllo sulla selvaggina destinata al consumatore, pur previsto dalla legge regionale 6 del 2008 e raccomandato dalla Ue.
"Eppure - commenta il quotidiano - , il cinghiale potrebbe rappresentare un’opportunità. Da una parte, la carne potrebbe finire sul mercato. Dall’altra, si potrebbero richiamare cacciatori da fuori regione. I guardiacaccia, invece di abbattere le bestie (l’animale ucciso finito nell’immondizia ha un che d’immorale), potrebbero accompagnare gli ospiti, che pagherebbero il servizio e parte del valore della preda. Una vera e propria occasione mancata". Sottoscriviamo.