Che le volpi, quando sono troppe, danneggino l'ambiente, impoverendo la piccola fauna stanziale, non è un'ipotesi, ma una certezza. Dimostrata da censimenti, approvata perfino da Ispra, sulla base di incontestabili studi scientifici, applicati da decenni e non certo solo in Italia. Eppure ogni anno, puntuali con l'avvio dei piani di abbattimento, arrivano anche le contestazioni animaliste.
Contro il piano di abbattimento in fase di approvazione a Reggio Emilia si sono schierate Legambiente Val d’Enza, WWF, Amici della Terra e Associazione Vittime della Caccia che in una lettera a Gianmaria Manghi, Presidente della Provincia, chiedono di non rinnovare il piano di abbattimento. A sostegno della loro posizione portano alcune obiezioni. Come quella secondo cui i censimenti fatti dagli ATC sarebbero non attendibili (perchè negli Atc ci sono anche i cacciatori, si presume). E
poi, dicono, non sono stati messi in atto i cosiddetti metodi ecologici, tra cui il divieto di immissione di fagiani e lepri (altro attacco spudorato alla caccia). Ricapitolando quindi, meglio che le volpi facciano razzia di tutta la selvaggina protetta e poi muoiano di fame, riducendo il bosco a un territorio sterile, piuttosto che coinvolgere i cacciatori.
E' chiaro che si tratta di una posizione ideologica, tutt'altro che ambientalista. Peccato che tutte le associazioni sopra nominate ricevano consistenti fondi dal Ministero dell'Ambiente in virtù proprio della loro mission ambientalista. Qualcosa non quadra.