“La caccia è l'unico mezzo per salvare l'ambiente sia per competenza, sia per equilibrio, che per la intensa passione che contraddistingue chi la pratica”. A dirlo è il trentenne aquilano Giuseppe Oddi, biologo e informatore scientifico di professione.
“La caccia è la mia vita – dice - . E' il momento di libertà che mi concatena alla natura. Vedo l'uomo come un predatore consapevole in cima alla catena alimentare che preleva fauna selvatica misurandosi, con sacrificio, passione ed umiltà con la natura, condividendone forza e fragilità”.
Alleva setter inglesi (allevamento Della Marsica), collabora con diversi enti per la gestione della fauna selvatica e caccia prevalentemente con il cane da ferma (coturnici e beccacce) nei contrafforti abruzzesi. “Sono e sarò sempre un cacciatore – sottolinea -. Vengo da una famiglia di cacciatori ed amanti della natura. Per me è un istinto naturale, che ognuno di noi ha dentro di se. E' la caccia che ha trovato me”.
Giuseppe è impegnatissimo negli organi di gestione. E' presidente della sezione comunale Fidc di Trasacco, è consigliere della sezione provinciale, presidente del nuovo gruppo cinofilo marsicano.
Ma vorrebbe fare di più. “Mi piacerebbe ricoprire un ruolo politico - ci confessa -. Lo farei solo per portare un valido contributo alla caccia con competenze tecniche e innovative per la salvaguardia di una tradizione rurale fortemente messa in pericolo dall'ideologia, dalla demenza e dall'incompetenza dei politici rappresentanti e del livello culturale medio della categoria".
"C'e' molto da fare molto da sacrificare - aggiunge - ma sono fiducioso che verrà un giorno una classe di giovani competenti che non permetterà a nessuno di toccare la caccia in Italia”.
Il rinnovamento, dunque, nelle associazioni venatorie, è necessario secondo Giuseppe.
“Dovrebbero essere un purpurio di sapienza , rinnovamento e scelte vincenti . Invece spesso ci ritroviamo un agglomerato di incompetenti allo sbaraglio che preferiscono nascondersi dietro un dito e accontentarsi egoisticamente di cacciare altri 5 anni, anziché promuovere la cultura della categoria, curare i media, denunciare i soprusi, scegliersi rappresentanti a passo con i tempi, appoggiare la cultura cinofila per il futuro della caccia, creare una vera unità associativa, sfornare figure professionalmente valide promuovendo master, creare peso ed unità politica, dimezzare le polizze di nuovi giovani e rendere minime quelle rosa, ecc ecc ecc....”.
Porta un esempio che ha vissuto direttamente. "Nella provincia dell'Aquila - spiega Giuseppe - far eleggere un presidente di 40 anni, laureato in facoltà giuridiche, con master in gestione faunistiche, responsabile di svariate commissioni regionali, si è rivelato incredibilmente difficoltoso”.
Infine Giuseppe lancia un quesito amletico: “la fine della caccia la decreteranno i cacciatori?”.
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