Dopo le polemiche sugli interventi di eradicazione decisi per le oche canadesi che stazionano permanentemente sul lungolago di Capodimonte, interviene l’assessore provinciale all’Agricoltura, Caccia e Pesca della Provincia di Viterbo Franco Vita, con alcune precisazioni.
“In primo luogo l’oca canadese – spiega Vita – proprio in quanto canadese, non è una specie autoctona, cioè originaria del lago di Bolsena: alcune coppie sono state infatti introdotte illegalmente negli anni 90, poi la specie si è riprodotta raggiungendo una popolazione di circa 60 esemplari; entrando in competizione con altre popolazioni di avifauna acquatica, detta specie è venuta ad incidere negativamente sull’equilibrio biologico del lago, oltretutto riconosciuto come Sito di Interesse Comunitario e Zona a protezione speciale. Inoltre le oche hanno l’abitudine di soffermarsi sulle spiagge e sui prati limitrofi destinati ai bagnanti, ricoprendo di escrementi l’area del lungolago di Capodimonte".
La nota spiega che è stato il Comune di Capodimonte a chiedere "un intervento urgente per ridurne il numero di esemplari che determinano gravi conseguenze igienico sanitarie sulla spiaggia comunale come attestato dal medico veterinario della ASL e dal Corpo di Polizia Locale’. Sulla base di questa richiesta l’ISPRA (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) ha aderito al piano redatto dall’Università della Tuscia denominato (Unitus) avallando quindi l'eradicazione della popolazione di oche canadesi del lago di Bolsena tramite cattura e trasferimento in ambienti confinanti’”.
Perché eradicazione? “Semplicemente perché – prosegue l’assessore - le istituzioni scientifiche da anni si battono per togliere dagli ambienti naturali specie introdotte artificialmente e che sul piano biologico e naturalistico non meritano la conservazione.
Per quanto riguarda la loro destinazione, non essendo specie ‘cacciabile’, è stato emanato un bando per l’assegnazione a bioparchi, zoo, aree faunistiche (non aziende venatorie), enti pubblici, soggetti privati (comprese le aziende agricole), gli agriturismo, le fattorie sociali, le fattorie didattiche ecc. i quali dovranno mantenerle in ambienti idonei per la loro salute e il loro benessere ed impedire che tornino in libertà.
Non vi è - tiene a precisare ancora Vita - nessuna destinazione ‘venatoria’ in quanto l’ISPRA ha stabilito le regole di cattura e la destinazione finale, con nota del 20.08.2014 indirizzata alla Provincia di Viterbo”.