“Amo la caccia tradizionale, quella vera, quella che ricorda l'ancestrale istinto umano, quella che ti riempie l'animo a prescindere dal carniere”. Lo dice Vito Naponiello, di Eboli (Sa), giovane cacciatore, legato a questa passione in una famiglia di “beccacciai per nascita e cinghialai per necessità”.
Per lui diventare un cacciatore è stato un fatto di cultura e di tradizioni familiari, che ha poi reso sempre più proprie. “Il contatto con la natura – ci spiega - ha influenzato in toto la mia vita ed ho cercato di far diventare questa grande passione anche il mio lavoro. Sono un Dottore Agronomo con indirizzo zootecnico e durante il mio percorso di studi ho avuto modo (e fortuna) di poter affrontare lavori sperimentali in collaborazione con l’Università su diverse specie animali, non ultima la fauna selvatica”.
Ha praticato prevalentemente la caccia al cinghiale, iscritto in una squadra di cinghialai, ma ultimamente, ripercorrendo le orme di famiglia si è riavvicinato alla caccia alla beccaccia, che pratica con i suoi tre kurzhaar. Ha fatto parte della consulta provinciale della caccia di Campobasso, città nella quale ha vissuto per circa dieci anni, dove è stato fautore dei primi studi sull’impatto degli ungulati sul territorio regionale con particolare riferimento ai danni causati in agricoltura. Insomma giovane, appassionato e preparato. E' questa la nuova generazione di cacciatori su cui la caccia del futuro può e deve concretamente contare.