Per la prima volta in Piemonte è mancato totalmente il confronto sul calendario venatorio con le associazioni regionali. Lo ricorda una nota del coordinamento regionale che riunisce Anlc, Anuu, ArciCaccia, Eps, Fidc, Italcaccia ed Enalcaccia, le quali ritengono del tutto inaccettabile il testo approvato dalla Giunta per incongruenze, errori tecnici, limitazioni ingiustificate scientificamente, che contrastano con la legge nazionale sulla caccia, la 157/92.
Per esempio “la pretesa di mandare i cacciatori piemontesi alla ricerca di selvatici migratori come quaglia e tortora, ovunque cacciati e abbondanti, in un periodo nel quale essi non transitano più sul nostro territorio”. Ma anche “costringere gli appassionati subalpini ad esercitare la propria attività per un periodo molto inferiore a quello consentito dalla l.157/92, con l’inizio della stagione posticipato al 4 ottobre invece della terza settimana di settembre”. “Analogo trattamento – sottolinea il coordinamento - in merito alle chiusure, tutte anticipate rispetto al resto dell’Italia e con i cacciatori piemontesi costretti a riporre armi e attrezzature nei loro armadietti quando nelle regioni limitrofe ancora si cacciano gli stessi selvatici presenti sul nostro territorio”.
Il calendario contiene poi altre ingiustificate limitazioni all’esercizio dell’attività venatoria alpina, alla tipica fauna, caccia di storia e tradizione piemontese, rispondendo solo alla logica di dar continuità all’assurdo provvedimento di chiusura del prelievo alla pernice bianca della passata stagione quando, nonostante il parere favorevole dell’ISPRA, e supportati da dati scientifici e censimenti eseguiti in accordo alle linee guida della Regione, i cacciatori di montagna furono penalizzati.
“Va qui ricordato – spiega la nota - come allora le Associazioni Venatorie e molti Comprensori Alpini furono costretti a spendere i quattrini dei cacciatori per far ricorso al TAR, vincendolo inutilmente perché l’Assessore Ferrero si rifiutò di riaprire la caccia a quella specie, come il supremo organo amministrativo regionale aveva autorizzato. La vicenda non si chiuse lì, e proprio in questi giorni s’è discusso al TAR un secondo ricorso cui furono costrette alcune Associazioni e Comparti che non volevano sottostare alle prepotenze della Regione”.
In Piemonte poi, spiega il coordinamento, manca ancora il Piano Faunistico, impastoiato dalle procedure burocratiche dell’iter d’approvazione, così come siamo ancora carenti di legge regionale, dopo che la 70/96 fu abrogata e mai rimpiazzata; questi errori li pagano i cacciatori.
Il Coordinamento, che rappresenta in totale 25 mila cacciatori piemontesi, promette a tutti gli appassionati che non starà con le mani in mano, attivandosi perché questo brutto calendario venga modificato prima dell’apertura: "chiederemo l’accesso agli atti per capire quali siano state le richieste della Regione e le osservazioni dell’ISPRA e così sapremo la verità. Servisse organizzeremo anche una manifestazione".