Riceviamo e pubblichiamo:
Con l’approvazione definitiva al Senato del Ddl n. 1962, recante disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea - Legge europea 2014, il Parlamento ha regolamentato la cattura dei richiami vivi da impiegare nella caccia alla migratoria autorizzando mezzi e metodi non vietati dalla Direttiva 2009/147/UE.
Le Associazioni Venatorie Federcaccia, Enalcaccia, Arci Caccia e ANLC, sottolineano come la norma, così come approvata, consenta l’utilizzo degli impianti di cattura da parte di privati, ad esempio per la cattura degli uccelli da destinare e/o cedere agli allevamenti.
E ciò anche quando, come gli storici “roccoli”, detti impianti siano dotati di reti verticali selettive e non lesive, dal momento che la Direttiva “Uccelli” non vieta in modo assoluto ogni tipo di rete così come confermato dal fatto che la Direttiva “Habitat”, non a caso, consente la cattura dei mammiferi con reti selettive.
Sicché per non perpetuare le solite incongruenze in danno dell’Italia, la lettura coordinata delle due direttive consente di affermare che l’art. 21 del D.D.L. n. 1962 non comporta alcuna limitazione ed è semmai destinato a recedere rispetto alla corretta e ragionevole interpretazione delle norme comunitarie.
Le Associazioni Venatorie nazionali firmatarie ritengono comunque che la decisione assunta dal Senato abbia omesso di considerare il ruolo di testimonianze culturali e paesaggistiche che rivestono gli impianti di cattura, alcuni di essi secolari “monumenti verdi”, che ormai caratterizzano il quadro ambientale di alcune Regioni italiane.
Vengono così calpestate tradizioni secolari, perpetuate con l’utilizzo di impianti cui è da riconoscere il valore di “bene culturale” tutelato, che rischiano ora l’abbandono e l’oblio causando altresì un irreparabile danno al paesaggio.
Gli impianti esprimono tradizioni e culture importanti, che in altri Stati membri non solo sono assunti quali valori meritevoli di tutela assoluta, ma altresì vengono giustamente considerate espressioni dei valori di civiltà delle Comunità locali, riconosciute e condivise dalle Istituzioni Nazionali ed Europee.
Il testo approvato ieri nulla risolve e anzi rappresenta una mancata presa di distanza del nostro Legislatore dalle discriminazioni comunitarie nei confronti del nostro Paese, tanto che contestualmente il Senato ha sentito il dovere di impegnare il Governo ad introdurre modifiche normative volte finalmente a definire l’espressione “impianti”, ipotizzando l’impiego misurato e rigidamente controllato anche di reti selettive, avuto altresì presente che essi rappresentano ormai elementi tipici e tradizionali del paesaggio di molte Regioni.
Permane quindi l’equivoco politicamente voluto di mortificare le tradizioni italiane con la complicità del nefando uso dei “due pesi” praticati per i diversi Stati dalla Comunità Europea.
Le Associazioni Venatorie firmatarie chiedono dunque al Governo una interpretazione chiara, non più equivocabile, per superare una condizione di interpretazione di parte di cui il Governo si è reso responsabile non avendo ottemperato alla delega affidatagli un anno fa dal Parlamento per scrivere un Decreto risolutivo di queste problematiche.
Le stesse Associazioni invitano le Regioni, in particolare quelle interessate dalla presenza, sui loro territori degli impianti di cattura, ad attivarsi verso le Istituzioni italiane ed europee per tutelare gli interessi dei cittadini tutti - non solo dei cacciatori - che in queste vivono e per i quali questa legge non esprime una bella pagina di storia.
Federcaccia, Enalcaccia, Arci Caccia e Libera Caccia sono fermamente convinte a interessare la magistratura europea fino al massimo grado, affinché le Direttive trovino applicazione omogenea in tutti gli Stati.
Se in Europa, la legge non è uguale per tutti i cittadini c’è da chiedersi infatti: cosa è allora l’Unione Europea?
Federcaccia, Enalcaccia, Arci Caccia, ANLC