Nell'accettare l'incarico di
Presidente onorario dell'Associazione Italiana per la
Wilderness, come successore di
Carlo Ripa di Meana,
Vittorio Sgarbi ha inviato una lettera al Segretario Generale
Franco Zunino per riproporre il suo punto di vista sulla questione della tutela dell'ambiente e la gestione del territorio.
Questo il testo della lettera.
Caro Franco,
nel ringraziarti e ringraziarvi tutti per la nomina a Presidente Onorario della vostra (da oggi anche mia) associazione in alternanza con l'amico Carlo Ripa di Meana che ha degnamente occupato il posto al quale oggi mi avete chiamato, onorato di questo prestigioso ruolo, desidero esprimerti la mia convinta condivisione delle battaglie che l'AIW sostiene in difesa dell'ambiente e del paesaggio italiano; difesa in cui ho sempre creduto e per la quale anch'io mi batto da anni. Ovviamente apprezzo la vostra idea di trovare accordi con i Comuni affinché siano essi stessi i custodi delle bellezze dei loro territori senza ledere i diritti delle collettività locali e di tutti i fruitori delle risorse naturali rinnovabili in quanto in linea con la mia visione liberale della Società; un metodo che ritengo altamente democratico e rispettoso dei diritti dei cittadini e dei proprietari dei suoli. La difesa del paesaggio è quindi per me strettamente legata con le finalità della Wilderness e col pensiero dei suoi padri fondatori dei quali ho letto nel tuo libro, quali il filosofo Thoreau ed il conservazionista Aldo Leopold, sulle ragioni della tua accettazione della pratica venatoria, per cui non posso che ribadire oggi quello che scrissi in un comunicato stampa che divulgammo in occasione di un incontro che avemmo con le organizzazioni venatorie romane quando fummo candidati alle elezioni europee del 2004. In quel comunicato scrivemmo che “i valori liberali vogliono rappresentare e vengono a coniarsi con quelli di una cultura ambientalista, nel senso di un rispetto di opere e cose naturali, quindi dell'uomo e della natura, e che afferma e persegue l'equilibro tra paesaggio naturale e costruito come elemento basilare di qualità della vita, esprime così la sua posizione nei confronti della caccia e dei cacciatori.
Innanzi tutto, essa non è di contrapposizione, bensì rispettosa di un'attività antichissima e connaturata allo stesso comportamento umano che col trascorrere dei millenni, attraverso le pratiche della pastorizia e dell'agricoltura, ha forgiato i più bei paesaggi europei, con lavori ed opere che oggi sono considerate patrimonio di bellezza paesaggistica ed architettonica, lavori ed opere inscindibili dalla pratica venatoria quale unica attività che a questi lavori ed opere era simbiotica”.
Come già allora, ancora oggi “non mi oppongo quindi alla pratica della caccia, quale democratico e liberale diritto di una larga parte dei cittadini europei che con quel passato culturale e storico hanno mantenuto un legame. Un'arte che è rimasta racchiusa nei nostri paesaggi, nei quali l'uomo è, e deve continuare a restare, artefice e gestore per il rispetto della bellezza. I cacciatori sono ritenuti, quindi, tra i più solerti ed attenti curatori dei nostri musei all'aria aperta che sono gli ambienti ed i paesaggi modellati dall'uomo, e che proprio per questo dell'uomo continuano ad aver bisogno, anche nella gestione e nel controllo di molte specie faunistiche che altrimenti, proprio per l'artificiosità dei nostri luoghi, rischiano di apportare stravolgimenti anche e proprio a danno della bellezza e della varietà biologica della Natura”.
Per me, ancora oggi, quel ragionamento è da ritenersi valido, ed anzi, avendo avuto un padre convinto cacciatore, che nel mio natio ferrarese ha praticato la caccia e la pesca lungo le rive del Po, non posso che apprezzare gli aspetti emotivi che lo muovevano, seppure io, come nel tuo caso, non ne seguii le orme per gli eventi della vita. Ricordo però con affetto un suo scritto che egli pubblicò nella rivista DIANA (ed oggi ripreso nel suo libro Lungo l'argine del tempo – Schirà Editore), nel quale egli espresse il suo sentire, il suo essere cacciatore più per amore della Natura in cui si immergeva per praticare la sua passione che non per quelle poche prede che poi portava a casa.
A parte quest'umano aspetto autobiografico, spero sinceramente che la mia presidenza onoraria possa servire a rafforzare la vostra posizione, anche e proprio al fine di contrastare i tanti scempi paesaggistici ed ambientali che continuano a perpetrarsi in Italia nonostante i tanti, forse troppi, vincoli che teoricamente avrebbero dovuto impedirli. E sappiate che io sarò sempre con voi nel difendere i luoghi selvaggi ed i loro paesaggi, soprattutto contro gli scempi che la politica ha sempre autorizzato e che, temo, continuerà a fare dando più importanza ai maneggi affaristici che non alla coltura ed al rispetto che gli si dovrebbe in questo nostro Paese di politici corrotti e corruttibili, nascosti in tutti i Partiti, da destra a sinistra.