Vietare la caccia di animali selvatici, come deciso da alcuni Stati africani, non sembra aiutare la popolazione africana, tanto meno la conservazione delle specie animali più a rischio. Infatti, nel villaggio di Sankuyo, in Botswana, paese confinante con lo Zimbabwe dove è stato ucciso l'ormai famoso leone Cecil, la caccia è vietata da due anni, ma gli abitanti chiedono la sua riapertura.
“Prima, quando la caccia era legale, tutti noi ci impegnavamo a proteggere gli animali selvatici perché sapevamo che potevamo guadagnarci qualcosa” - dichiara al New York Times Jimmy Baitsholedi Ntema, abitante del villaggio africano.
Due anni fa, prima della decisione di vietare la caccia da parte del presidente animalista del Botswana, Seretse Khama Ian Khama, il governo fissava delle quote: il villaggio nel 2010 poteva offrire alla caccia 120 animali, tra cui 22 elefanti, 55 impala e nove bufali. Nessun leone. Il villaggio guadagnava così 600 mila dollari, che nel 2010 si trasformarono anche nella costruzione di servizi igienici per decine di famiglie e nella creazione di un sistema idrico. Di conseguenza, gli abitanti del villaggio erano anche più motivati a impedire sia la caccia illegale che l’uccisione degli animali, anche quando diffondevano il terrore nel villaggio.
“Quando la caccia è stata introdotta, - spiega Brian Child, docente associato all’Università della Florida - il risultato paradossalmente è stata l’uccisione di un minor numero di animali”. Adesso è diverso: i leoni, che non possono più nutrirsi della carne di elefante lasciata sul terreno dai cacciatori, entrano sempre più frequentemente nei villaggi alla ricerca di cibo, uccidendo uomini o divorando le loro bestie (tempi.it).