La Giunta regionale piemontese ha approvato ieri il disegno di legge, presentato dall'assessore Giorgio Ferrero, che ha l'obiettivo di riformare la legislazione in materia faunistico-venatoria e recepire le esigenze e le esortazioni delle associazioni di settore. Il Piemonte era l'unica regione italiana a non avere un provvedimento in materia che declinasse in chiave locale quello nazionale: “La vecchia legge era stata abrogata per evitare il referendum e non era più stata sostituita - ricorda Ferrero”.
Le principali novità proposte riguardano la tutela per le specie della tipica fauna alpina e gli uccelli tutelati dalla direttiva comunitaria, l’aumento della superficie venatoria minima degli atc e dei comprensori alpini, l’obbligo di una prova di tiro per la caccia di selezione seguita dal rilascio di un attestato con validità semestrale, la possibilità di addestramento, allenamento e prove per i rapaci da caccia (essenzialmente falchi) e il riconoscimento della possibilità di commercializzare gli animali abbattuti.
Il provvedimento passerà ora all'esame del Consiglio regionale.
Bruno Morena, presidente regionale di Federcaccia, è però scettico sul testo del disegno di legge: “Ci sono differenze tra le parti interessate: la rappresentatività per le associazioni venatorie è limitata rispetto a quella offerta agli altri. Inoltre ho grossi dubbi sulla possibilità che vendere quanto cacciato possa aprire nuovi scenari per il settore: chi va a caccia il bottino o se lo mangia o lo regala, non si mette a fare il commerciante. Nessun può garantire l'arrivo dei prodotti sui banchi, soprattutto perché il periodo di caccia dura troppo poco”. Sulla prova di tiro ogni sei mesi – conclude Morena – “potrebbe essere essere positivo solo per verificare la taratura della carabina, in quanto l'idoneità è già riconosciuta al momento del rilascio della licenza di caccia” (repubblica.it).