Secondo la Cia Lombardia il Piano faunistico venatorio regionale (PFVR) sottostima l'impatto sull'ambiente e sull'agricoltura di specie animali immesse “artificialmente” dall’uomo sui territori lombardi negli ultimi trent’anni.
“L’introduzione di una specie esogena all’ecosistema ne altera l’equilibrio, provocando drastiche riduzioni delle popolazioni di alcune specie e causando l’incontrollata crescita di altre, con conseguente degrado ambientale”, ha spiegato Cia Lombardia, che aggiunge: “non si può accettare che il danno provocato all’agricoltura venga considerato trascurabile, in quanto pari solo allo 0.02% della PLV, poiché generalizzato e sottostimato”.
La Confederazione sottolinea inoltre che la stima di danni e indennizzi riportata nel piano, fermandosi al 2012, non considera gli ultimi tre anni. Pertanto quantificare i danni all’agricoltura basandosi su quanto risarcito agli agricoltori, precisa la Cia, è scorretto “primo perché l’indennizzo del danno viene stabilito in modo arbitrario dai funzionari ed è spesso inferiore a quello effettivo, secondo perché viene fatta una stima forfettaria del mancato raccolto, senza tener conto del danno fatto al terreno o alle piante che si ripercuote anche sui raccolti futuri. A ciò va inoltre aggiunto che, demoralizzati dal fatto che i danni subiti siano sempre sottostimati e la cifra rimborsata è irrisoria, sempre più agricoltori rinunciano a richiedere gli indennizzi”.
Per il contenimento dei danni da selvaggina all'agricoltura il PFVR prevede l'attuazione di riserve da proteggere tramite idonee recinzioni. Tuttavia secondo la CIA si tratta di una soluzione inefficace e lesiva della dignità di coloro che praticano agicoltura in zone svantaggiate come quelle di montagna. La Confederazione propone invece di recintare aree demaniali per consentire la caccia di cinghiali, cervi o mufloni.Le eventuali riserve recintate dovrebbero infatti secondo la Confederazione riguardare l’attività ludica della caccia e non quella essenziale di chi pratica agricoltura.