Riceviamo e pubblichiamo:
Federcaccia Lazio e il mondo venatorio prendono le distanze: "Dispiaciuti per l'accaduto, ma la caccia è ben altra cosa". Il problema "politico" dei cinghiali nei parchi
Il mondo venatorio partecipa con cordoglio al dolore che ha colpito i cari e gli amici dell’anziano deceduto – lo scorso 30 dicembre – durante un’azione di bracconaggio all’interno del Parco Regionale dei Castelli Romani, nella zona di Rocca Priora. “Ma attenzione”, specifica il presidente di Federcaccia Lazio Aldo Pompetti, “perché il dolore per la scomparsa di una persona non vuol dire automaticamente approvazione per ciò che questi stava facendo al momento del decesso. Gli atti di bracconaggio, che purtroppo sono abituali all’interno del Parco Regionale dei Castelli Romani, non sono in alcun modo accostabili al regolare esercizio venatorio”.
L’incidente che ha provocato la morte dell’anziano ex meccanico dell’Atac si è svolto in un’area protetta, preclusa all’attività venatoria, durante una battuta illegale posta in essere senza le dovute accortezze che la legge consente e impone al contempo, quali ad esempio l’uso di adeguata tabellazione, abbigliamento ad alta visibilità e, soprattutto, l’obbligo di assoluta immobilità per i cacciatori alle poste.
“Purtroppo – aggiunge il presidente Pompetti – il fenomeno del bracconaggio è presente in gran parte dei Comuni ricadenti all’interno di questa come di altre aree protette. Ogni zona del Parco ha la sua ‘squadretta’ di bracconieri, che sono un pericolo sia per loro stessi sia per gli altri utenti dell’ambiente. Tra l’altro alcuni di questi cacciatori di frodo non sono neanche in possesso di porto d’armi, oppure la loro licenza è scaduta da tempo senza che abbiano provveduto a rinnovarla. Il risultato è una situazione generale di pericolo per la collettività e, come se non bastasse, ad ogni incidente di bracconaggio si levano voci ‘benpensanti’ ad additare il mondo dei cacciatori, totalmente estraneo a questo genere di attività illegali”.
Il problema è, neanche a dirlo, di ordine sociale e politico. I cinghiali sono in sovrannumero all’interno delle aree protette del Lazio in generale e dell’hinterland romano in particolare. La presenza eccessiva di questi animali provoca danni alle colture e incidenti stradali, con le amministrazioni che non riescono a far fronte economicamente alle richieste di risarcimento. “Federcaccia Lazio – conclude Aldo Pompetti – ha più volte proposto di intervenire in maniera contenitiva, con gli strumenti previsti dalla legge nazionale 394/91 che regola le aree protette: non soltanto la voce dei cacciatori è rimasta costantemente inascoltata dalle istituzioni, ma su di noi si abbatte anche la beffa di essere colpevolizzati ogni qual volta un bracconiere commette reati venatori”.
Ufficio Stampa Federcaccia Lazio