In vista della CITES COP17 che si terrà in Sud Africa nel mese di settembre i membri del Parlamento europeo e le parti interessate hanno discusso l'importante relazione tra una ben regolamentata normativa sul commercio internazionale e la caccia sostenibile ai trofei come strumento per sostenere le comunità e la conservazione in Africa.
L'Unione Europea dovrà fermare tutte le importazioni di trofei dai Paesi in via di sviluppo? Questa è una delle domande che gli eurodeputati hanno posto ai funzionari di governo africani, agli esperti di commercio internazionale di fauna selvatica e agli ambientalisti in occasione della conferenza “Wildlife, use it or lose it?” che si è tenuta il 26 gennaio al Parlamento Europeo. Cercando di sfatare i pregiudizi al fine di una migliore comprensione delle opzioni politiche disponibili per la conservazione della fauna selvatica, la conferenza presieduta dall’eurodeputata Renata Briano era finalizzata a discutere gli obiettivi strategici dell'UE per la CITES COP17.
“La caccia ai trofei è un importante conduttore economico per il nostro Paese”, ha detto il Ministro namibiano dell'ambiente e del turismo, On. Pohamba Shifeta. “Il nostro modello consente alle comunità locali di gestire in modo sostenibile la fauna selvatica con incentivi economici direttamente derivati dalla gestione della caccia. A questo proposito, le iniziative volte a vietare la caccia ai trofei non solo rappresentano una forma moderna inaccettabile di colonialismo morale, ma avranno effetti negativi sulle nostre comunità locali e sulla nostra fauna selvatica, che termineranno con la proliferazione del bracconaggio. Tutti noi dobbiamo sforzarci di sostenere i benefici della CITES quale strumento di regolamentazione atto a garantire l'uso sostenibile della fauna selvatica”.
Shifeta ha fatto un appello finale: “Siamo di fronte a criminali internazionali che vogliono distruggere la nostra fauna selvatica. Abbiamo bisogno di sforzi concertati per combattere il bracconaggio. Sarà in contrasto con i nostri sforzi comuni se le decisioni non si baseranno su evidenze empiriche e non terranno in considerazione le comunità. Cerchiamo di promuovere l'uso sostenibile invece di vietarlo”.
Gli altri relatori presenti al convegno hanno dichiarato che in Africa per tollerare la sopravvivenza della fauna selvatica al di fuori delle aree protette (e anche all'interno) le popolazioni devono avere forti incentivi, o idealmente comprendere la fauna selvatica come uso del suolo. A questo proposito, la caccia ai trofei è una grande industria in alcune parti dell'Africa, e crea incentivi per la conservazione della fauna selvatica su vaste aree, che altrimenti potrebbero essere utilizzate per usi alternativi meno utili alla conservazione della terra.
Inoltre, è stato sostenuto che la caccia ai trofei dà “valore di conservazione” ad ampie aree di terreno. Ad esempio, oltre 1,4 milioni di km2 in Africa sub-sahariana sono utilizzati per la caccia ai trofei, che è più di quanto lo Stato prevede per la fauna selvatica. Questo rende la caccia ai trofei valida in vaste zone dove non sono presenti altre attività redditizie, comprese le zone con poche infrastrutture, con densità relativamente basse di fauna selvatica, e quelle con instabilità politica.
Per quanto riguarda i crimini legati alla fauna selvatica, una delle più grandi minacce al mondo per la perdita di biodiversità, i relatori hanno individuato le priorità e le azioni per affrontare questa sfida con uno sguardo all’agenda del programma dell'UE per CITES COP17. I relatori hanno convenuto che l'uso sostenibile della fauna selvatica deve essere considerato come uno strumento per la conservazione, per lo sviluppo economico e per la politica anti-bracconaggio, riconoscendo totalmente il ruolo delle comunità locali e il mercato internazionale.
L’eurodeputata Renata Briano ha sottolineato l'importanza per i responsabili politici, a livello internazionale e locale, di essere in grado di scegliere l'opzione politica più appropriata, allontanandosi dai pregiudizi: “Può sembrare un controsenso per molti, ma la caccia ben regolata consente una migliore gestione della fauna selvatica. Infatti la caccia ai trofei contribuisce alla conservazione, contrasta efficacemente la criminalità legata alla fauna selvatica, per cui i politici hanno l'obbligo di considerarla tra le opzioni politiche disponibili”.
Anna Seidman del Safari Club International ha spiegato che “la caccia sostenibile non porta le specie verso l'estinzione come molti gruppi anti-caccia vorrebbero far credere al mondo. Al contrario, la caccia sostenibile prevede incentivi economici per la conservazione della fauna selvatica. Ad esempio, è stata la caccia che ha portato alla ripresa del blesbok in Sudafrica dai minimi di popolazione di meno di 2.000 animali nei primi anni del 1900 a più di 250.000 di oggi. Allo stesso modo, la possibilità di cacciare legalmente e in modo sostenibile rinoceronti bianchi ha consentito il loro recupero da una manciata nel 1900 a più di 20.000 di oggi”.
Anna Seidman ha presentato il caso di studio del Botswana, che è stato pioniere della conservazione basata sul coinvolgimento della comunità locale, con la caccia che fornisce l'incentivo economico alla sua partecipazione. La natura ha prosperato e la qualità di vita delle popolazioni è aumentata. Ma nel 2014, il presidente del Botswana ha vietato la caccia e le conseguenze si sono fatte sentire. Le organizzazioni basate sulle comunità sono fallite, posti di lavoro sono andati perduti e le fonti di reddito si sono prosciugate. Ma, soprattutto, l'atteggiamento positivo della gente verso la fauna selvatica sta scomparendo.
Il presidente dell’Intergruppo Biodiversità, Caccia e Ruralità del Parlamento Europeo, Karl-Heinz Florenz ha concluso dicendo che: “Abbiamo imparato oggi che ci sono fattori culturali ed economici da prendere in considerazione, così come le esigenze delle comunità locali, senza perdere di vista il principio di un uso sostenibile. La CITES offre un solido quadro scientificamente fondato per la governance del commercio di fauna selvatica, che riconosce anche la sussidiarietà, un fattore importante per garantire il sostegno dei Paesi di origine dei prodotti della fauna selvatica. Invitiamo la Commissione europea a preparare un buon rapporto, riconoscendo le complessità che sono state evidenziate oggi, prima di presentarlo in commissione ENVI” (Face).
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La CITES è la Convenzione sul commercio internazionale delle specie di flora e fauna selvatiche che regola le esportazioni internazionali e le importazioni di esemplari di animali selvatici, tra cui trofei di caccia, a livelli sostenibili. CITES ha attualmente 180 aderenti, tra cui l'UE e i suoi Stati membri. Il commercio internazionale di trofei è regolamentato ai sensi della presente convenzione, così come alla caccia è riconosciuto di avere un impatto positivo sulla conservazione della fauna selvatica.
Nella caccia ai trofei, i capi di selvaggina abbattuta hanno un grande valore. In Africa sono presenti tariffe elevate per le specie da “trofeo” a fronte di un basso volume di prelievo, come parte di un programma regolato dal governo, dalle organizzazioni basate sulle comunità locali, dalle ONG, o da altri organismi legittimi.
La CITES fornisce una base giuridica per la caccia ai trofei, riconoscendo la distinzione tra l'uso sostenibile rigorosamente disciplinato e lo sfruttamento illegale di fauna selvatica legato alla criminalità organizzata internazionale. Per esempio, come conseguenza dei vantaggi per la conservazione del rinoceronte nero (Diceros bicornis) come trofeo di caccia, la CITES consente ai trofei di essere importati ed esportati, che è l'unico commercio permesso di questa specie.
Dove la caccia è stata impedita le specie sono diminuite. Per esempio, in Kenia, a causa del divieto di caccia (e altri modi di utilizzare animali selvatici a scopo di lucro), in vigore dal 1977, il Paese ha perso tra il 60 e il 70 per cento dei suoi grandi animali selvatici. Di conseguenza, la domanda può essere soddisfatta solo attraverso il mercato illegale, che si basa principalmente sull'uccisione di rinoceronti dai bracconieri per le corna. Il divieto alla caccia ai trofei nel 2014 in Botswana evidenzia similmente che sta avvenendo un aumento del bracconaggio.
La maggior parte degli esemplari cacciati (ad esempio il 96% in Sud Africa nel 2012) sono spesso appartenenti alle specie più comuni e abbondanti. Gli autori del recente studio dal titolo “Vietare la caccia ai trofei aumenterà la perdita di biodiversità”, sostengono che dove le strutture politiche e di governo sono adeguate, la caccia ai trofei può aiutare ad affrontare la continua perdita di specie. La caccia ai trofei può inoltre finanziare reintroduzioni, come ad esempio è avvenuto per lo Gnu nero (Gnu gnou) e il rinoceronte bianco meridionale (Ceratotherium simum simum) in Sud Africa. |