La giornalista di Repubblica Margherita d'Amico qualche giorno fa ha intervistato il Senatore Massimo Caleo, relatore del nuovo testo di riforma delle Aree Protette, affrontando la questione caccia e parchi, a seguito delle contestazioni piovute dal mondo animalista.
“Molto allarmismo” dice Caleo, spiegando che, in realtà “nella sostanza non ci sono stati stravolgimenti e il nuovo articolo 10 prevede, proprio come il testo originario, piani di gestione della fauna approvati con pareri obbligatori e vincolanti dell'Ispra, l'obbligo di corsi certificati per gli operatori, interventi sulle specie alloctone in linea con le direttive europee”.
Nessun paradosso quindi, come invece suggerisce la D'amico, dichiaratamente filo animalista. Il concetto chiave è che lo sviluppo sostenibile dei Parchi passa anche dagli abbattimenti selettivi. “A tutt'oggi il controllo faunistico – spiega il Senatore -, che il testo rende più rigoroso, nelle aree protette avviene già e per necessità, per limitare i gravi danni che soprattutto gli ungulati in sovrannumero (cinghiali, cervi e daini) causano agli ambienti naturali, alle attività agricole e anche per evitare il rischio per gli uomini, come ci ricorda la cronaca di quest'estate". La novità, spiega il senatore, è che il contenimento sarà vincolato al parere Ispra, su piani redatti degli Enti Parco. Per quanto riguarda i cinghiali, specie oggetto del 90% degli interventi, l'ente, ricorda Caleo, “ha prodotto linee guida precise e dettagliate, approvate dal ministero dell'Ambiente". Per specie particolarmente protette come l'orso o il lupo, "il ddl – dice Caleo - non cambia nulla rispetto alla 394/91 ora vigente per quanto riguarda le specie oggetto di particolare protezione”.
Alla D'Amico, che chiede lumi sulla mancanza di riferimenti alle deroghe nel testo, Caleo è costretto a rispondere che queste “riguardano l'attività venatoria e non c'entrano nulla con questa riforma”, che “anzi chiarisce, una volta per tutte, che la caccia nei parchi è vietata". “Perché nel testo non si prevede il ricorso obbligatorio e prioritario ove vi sia reale necessità di intervento ai metodi non cruenti?” chiede la D'Amico. Anche qui Caleo è lapalissiano: “per ora i metodi non cruenti non sono altrettanto efficaci, quando lo saranno costruiranno sicuramente l'unico strumento di intervento nei parchi”.
Anche l'ennesima inesattezza suggerita dalla giornalista, ovvero che il controllo faunistico sarà delegato ai cacciatori, viene smentita dal senatore Pd. Come già avviene, sottolinea “i parchi si possono avvalere di propri dipendenti oppure di personale che sia stato adeguatamente formato attraverso corsi certificati dall'Ispra. Non c'è alcuna delega a cacciatori singoli o associati". Insiste allora la D'Amico: Se per gli abbattimenti si utilizzeranno privati con licenza di caccia, sebbene il controllo faunistico nei parchi sia definito dalla proposta di legge 'attività non venatoria', a che titolo questi utilizzerebbero le armi in zone e periodi di divieto di caccia?”. "Ripeto – risponde Caleo -, gli abbattimenti selettivi con armi da fuoco sono previsti dalla legge sulle aree protette, già oggi vengono usati i cacciatori in mancanza di altro personale, perché essi hanno un porto d'armi, conoscono le leggi e sanno come fare. In Italia non esiste la detenzione libera delle armi per nessuno e da nessuna parte".
Niente da fare per la proposta emendativa delle associazioni animaliste, ovvero gestire le specie attraverso piani non cruenti. “L'emendamento all'articolo 10 che ho presentato in Commissione” spiega “è già la sintesi di un confronto articolato e rigoroso avvenuto con le più importanti associazioni ambientaliste e con Federparchi. Contiene misure che, nel completo rispetto delle prescrizioni comunitarie, tutelano la biodiversità e tengono assieme tutte quelle sensibilità che favoriscono la completa valorizzazione delle aree protette italiane".