La campagna Salviamo l'allodola è l'ultima trovata della Lipu per tornare a puntare il dito contro la caccia. In un comunicato dell'associazione infatti si parla di “impatto devastante della caccia” su questa specie (considerata come “Vulnerabile” dalla lista rossa italiana di IUCN), facendo riferimento alle 1,8 milioni di allodole abbattute (si stima che) e alle tot sconosciute abbattute illegalmente (che quindi con la caccia vera hanno ben poco a che fare).
Che si tratta però dell'ennesima trovata mediatica, arzigogolata per far credere chissà che, è subito chiarito qualche riga sotto, dove la Lipu è costretta a spiegare che “l’allodola soffre l’intensificazione delle pratiche agricole, l’abbandono delle aree rurali montane, l’uso eccessivo di diserbanti ed erbicidi” e solo per ultima viene la “pressione venatoria”.
Esattamente questo è l'ordine dei problemi dell'allodola, che viene comunque cacciata su basi scientifiche, evidentemente perché, ed è questa la logica dei prelievi, la caccia non può incidere che in minimissima parte sulle vere consistenze delle specie. Basta ricordare alla Lipu che in Italia ben il 30 per cento di territorio è protetto, e che quindi le zone in cui si esercita la pressione venatoria sono ben limitate. I veri problemi sono legati alla trasformazione delle campagne, all'uso di veleni in agricoltura. Lipu ed affini farebbero meglio a denunciare queste situazioni molto più dannose della caccia, anziché nascondersi dietro la solita foglia di fico.