L'assessore regionale ligure
Giancarlo Cassini è intervenuto ieri sulla difficile situazione causata dall'
enorme numero di cinghiali che in particolar modo in Liguria stanno creando diversi problemi di ordine pubblico e ingenti
danni alle coltivazioni. Il prelievo ha aiutato ad arginare la problematica ma per far fronte alla crescita esponenziale del numero dei cinghiali secondo Cassini
non basta la sola attività venatoria. “I dati in nostro possesso relativi agli abbattimenti – scrive in un comunicato - ci indicano che si è passati dai 15 mila capi prelevati nella stagione venatoria 2005-2006, ai
24 mila capi prelevati durante la stagione 2008-2009 appena terminata. A ciò vanno aggiunti gli oltre
1000 capi prelevati tramite attività di controllo prevista dalla normativa, esercitata dalle
Guardie Provinciali coadiuvate da squadre di cacciatori, portando il totale ad oltre
25 mila capi prelevati con un incremento di 10 mila unità (+ 65%)”. Cassini ha organizzato un
Gruppo di Lavoro costituito da Assessori, tecnici della Regione e delle Province, esperti sul settore e rappresentanti delle Associazioni venatorie, ambientaliste e agricole, a cui è stato affidato il compito di
elaborare strategie per contenere il fenomeno da cui sono giunte le proposte anticipate negli scorsi giorni. “Se approvate e successivamente recepite dalla normativa regionale – scrive Cassini - potranno consentire alle Province di intervenire con maggiore efficacia per il contenimento della proliferazione dei cinghiali”.
Un progetto insomma che
non si ferma alla sola Liguria ma che propone “
estendere il periodo per la caccia al cinghiale almeno a
tutta la stagione venatoria ossia, dalla terza domenica di settembre al 31 gennaio dell’anno successivo”. Altra proposta “è quella di
Derogare, per la specie cinghiale, il divieto venatorio per dieci anni limitatamente ai soprassuoli delle zone boscate percorse dal fuoco, previsto alla Legge nazionale 353/00, la 'Legge quadro in materia di incendi boschivi'”. Secondo Cassini, “Si è riscontrato che, da pochi anni dopo il verificarsi dell’evento (
circa tre anni), tali aree risultano particolarmente
infestate da tali animali, che proprio in tali siti trovano rifugio in ragione del divieto di prelievo venatorio vigente”. Infine - conclude la nota di Cassini -, in merito ai danni subiti dalle aziende agricole, sono allo studio ulteriori
misure a sostegno delle stesse, che preverranno anche interventi attivi da parte dei produttori".