L'unico parere contrario espresso in occasione dell'audizione sul calendario venatorio umbro 2016 - 2017 è stato quello di Legambiente. E' la stessa associazione a ribadirlo, segnalando “gravi profili di illegittimità” nel testo. "L'Assessore, i Consiglieri regionali e le Associazioni venatorie - Alessandra Paciotto, presidente di Legambiente Umbria– sanno molto bene e da tempo che la direttiva 2009/147/CE “Uccelli” e la legge nazionale di recepimento, la legge 157/92, obbliga gli Stati membri a rispettare il divieto assoluto di caccia agli uccelli migratori sin dall’avvio della migrazione prenuziale. In barba alla norma nazionale la Regione Umbria si accinge, ancora una volta, ad approvare un calendario venatorio fuorilegge”.
La polemica di Legambiente si riferisce alla previsione in calendario di autorizzare la caccia ai turdidi e alla beccaccia oltre la data del 20 gennaio, come stabilisce da un paio di anni l'arcinoto Decreto Galletti. Legambiente chiede addirittura la chiusura al 30 dicembre per la beccaccia e al 10 gennaio per tordi e cesene (non considerando quindi nemmeno le decadi di sovrapposizione permesse dalla Direttiva). Il tutto in considerazione del caso Eu Pilot sui calendari venatori italiani aperto nei confronti dell'Italia (su denunce ambientaliste-animaliste, occorre ribardirlo, partite dall'Italia) per il presunto mancato rispetto dei Key Concepts della Direttiva Uccelli.
Le diverse sentenze dei Tar (Toscana e Liguria) hanno invece ampiamente dimostrato l'argomentazione scientifica delle Regioni nel discostarsi dai Key Concepts nazionali, sulla base di dati a disposizione sulle migrazioni italiane. Dati che semplicemente dimostrano che l'Italia si trova sulle stesse rotte migratorie di altri Paesi europei in cui la caccia a questi migratori si protrae anche oltre il 31 gennaio, come avviene nella Francia meridionale.
A sostegno della propria posizione, Legambiente fa riferimento ad una nota Ispra, inviata quest'anno alle Regioni, nella quale si ritengono inefficaci i dati sulle migrazioni forniti dalle sei regioni che nelle ultime stagioni si sono discostate dal diktat Galletti, ovvero Umbria, Toscana, Liguria, Puglia, Calabria e Sardegna. Ispra diversamente avrebbe dovuto riconoscere di non essere stato in grado finora di verificare le date di inizio delle migrazioni di tali specie, semplicemente perché non dispone di dati confrontabili con quelli forniti dalle Regioni. Ecco spiegato, forse, il motivo di tanta ostinazione.