La caccia è istinto, qualcosa che ognuno di noi porta dentro di sé e che ci ricollega alla nostra naturale evoluzione, che fa battere il cuore e che lo riempie di emozioni indescrivibili. La pensa così Davide Di Giovanni, 30 anni, di Palermo, studente di farmacia a Bari.
“Mi fa sentire parte della natura” spiega, “potrei usare l'aggettivo 'sublime' per rendere l'idea di quanto profonda sia l'emozione che provo”. “Ho solo 5 anni di esperienza – dice – e ancora sto cercando il mio tipo di caccia preferito. Ma per me andare a caccia vuol dire anche camminare per colline sentieri, lungo corsi d'acqua e ascoltare i suoni della natura, condividendo questi momenti in silenzio con mio padre”. Davide ci racconta che proprio grazie alla sua passione, arrivata come una folgorazione grazie ad un amico che lo ha portato con sé a caccia alle quaglie in Calabria, il padre ha ripreso a cacciare dopo 27 anni di cessata attività, condividendo momenti indimenticabili con il figlio.
Ha iniziato con la pesca, che ha praticato in tutte le sue forme sin da piccolo, ha praticato, e pratica ancora, molte altre attività all'aria aperta, come l'equitazione e il running. Si interessa anche di vino, musica e scienza. Oltre alle uscite col padre e con gli amici, Davide ha condiviso alcune giornate a caccia anche con l'ex fidanzata, di origine lituana. “Nel suo paese di origine la caccia è una pratica naturale e che molti, sopratutto in alcuni paesini sperduti ed isolati, usano ancora come fonte di sostentamento”. “I cacciatori – racconta - ricoprono un ruolo fondamentali in quei posti per contenere e limitare il numero di nocivi e il giusto rapporto tra animali di specie diverse”.
La caccia, secondo Davide, può ancora avere un ruolo cruciale nella protezione ambientale. “Negli anni la natura è stata alterata e il suo equilibrio in alcuni casi compromesso. Molti animali che erano all'apice della catena alimentare sono ormai a rischio estinzione, e questo ha causato l'aumento delle specie nocive che stanno decimando a loro volta altre specie. Prendo l'esempio della mia terra, dove l'aumento dei cinghiali e dei maiali selvatici sopratutto nelle zone montane e collinari sta mettendo a dura prova l'esistenza della Coturnice siciliana, che conta pochissime brigate in tutta la Sicilia, specie endemica ed orgoglio della nostra terra. Ma ci sono anche molti altri casi. Sono sicuro che con le tecnologie sempre piu' avanzate questo problema non potra' essere risolto, ed invece la soluzione è da ricercarsi nell'attività venatoria gestita e controllata con criterio e grande educazione . Solo noi possiamo provare, perchè conosciamo il territorio e la natura meglio di molti altri, a svolgere il ruolo di quelle specie all'apice della catena alimentare che ora mancano e che regolavano il giusto numero delle altre specie. Ricordandoci sempre che siamo ospiti della terra e non i padroni di essa. Questo è quello che penso. In molti paesi ci sono riusciti".