Nella seduta del 10 agosto 2016, il Consiglio dei Ministri ha deciso di impugnare la legge veneta Disposizioni di riordino e semplificazione normativa in materia di politiche economiche, del turismo, della cultura, del lavoro, dell'agricoltura, della pesca, della caccia e dello sport. (27-6-2016) per la presunta illegittimità costituzionale di alcuni articoli, tra cui alcuni che modificano la legge regionale sulla caccia.
Anzitutto la tanto contestata parte sulle opzioni di caccia (articolo 65), per cui il Governo rileva un contrasto con la legge quadro nazionale, dove consente a chi abbia optato per la forma di caccia da appostamento fisso, di disporre di quindici giornate di caccia in forma vagante; mentre per chi ha optato, nella stagione venatoria in corso, per la caccia in forma vagante in Zona Alpi o comunque in altre forme, di usufruire di quindici giornate di caccia da appostamento fisso. La fruizione di dette giornate non necessita, da parte del cacciatore, di alcuna richiesta o adempimento, salvo l’obbligo di segnalare sul tesserino venatorio, ad inizio della giornata venatoria, la giornata di caccia utilizzata. La Legge 157, invece, fa notare l'impugnativa, dispone la scelta dell'opzione di caccia in via esclusiva. “La richiamata norma nazionale non consente, pertanto, il “cumulo” delle diverse forme di esercizio venatorio come, invece, previsto dalla disposizione regionale” scrive il governo, che ritiene tale modifica una minore tutela ambientale rispetto alla normativa nazionale, violando così la potestà legilativa escusiva dello Stato, sancita dalla Costituzione. Contrasto anche per il comma che consente ai cacciatori che abbiano optato per l’insieme delle altre forme di attività venatoria, la possibilità di esercitare l’attività venatoria alla fauna migratoria, per trenta giorni, in tutti gli Ambiti Territoriali di Caccia, il che violerebbe, l'obiettivo di una adeguata distribuzione dei cacciatori sul territorio,come previsto dall’articolo 14 della legge n. 157 del 1992 che sancisce il principio della caccia programmata, costituente uno degli obiettivi fondamentali della normativa in materia.
Impugnato anche l'articolo 66, che ha disposto che l’attività di addestramento e svolgimento delle gare dei cani da caccia possano svolgersi, anche su fauna selvatica naturale e con l’abbattimento di fauna d’allevamento, durante tutto l’anno. “L'attività di addestramento dei cani da caccia è assimilabile a quella venatoria e, dunque, deve rispettare gli standard minimi e uniformi di tutela della fauna in tutto il territorio nazionale e le relative garanzie procedimentali – si legge nel testo dell'impugnativa - Tale attività, infatti, provoca un evidente e grave fattore di disturbo durante il periodo riproduttivo degli uccelli e dei mammiferi selvatici”, pertanto, “incide in un ambito attribuito alla competenza esclusiva del legislatore statale”. Per il Governo dunque l'articolo viola l’articolo 117, primo comma, Cost. per contrasto con l’articolo 7 della direttiva 79/409/CEE e della legge n. 157/1992.
Sotto accusa anche l'articolo che disciplina i Comprensori alpini (articolo 68), introducendo tre rappresentanti designati dalle strutture locali delle associazioni venatorie riconosciute a livello nazionale o regionale nei comitati di gestione. La legge n. 157 del 1992 sancisce, invece, che negli organi direttivi debba essere assicurata la presenza paritaria delle associazioni venatorie, esclusivamente con riferimento a quelle nazionali riconosciute. Per i ricorrenti quindi la legge veneta viola “lo standard minimo”, imposto dall’articolo 14, comma 10, della legge n. 157 del 1992, riconosciuta come disposizione a tutela dell'ambiente, e dunque, in contrasto con l'art. 117 della Costituzione.
Incostituzionale, secondo il Governo, anche l’articolo 69 che prevede che “dove non in contrasto con la disciplina sull'uso dei mezzi a motore, in territorio lagunare e vallivo e più in genere nelle zone umide, quali laghi, fiumi, paludi, stagni, specchi d'acqua naturali o artificiali, è ammesso l'uso della barca a motore quale mezzo di trasporto per raggiungere e ritornare dagli appostamenti di caccia. È altresì ammesso l'uso della barca per il recupero della fauna selvatica ferita o abbattuta. Il recupero è consentito anche con l'ausilio del cane e del fucile, entro un raggio non superiore ai duecento metri dall'appostamento”. Trattandosi di “esercizio venatorio” anche l'attività di ricerca del selvatico è sottoposto ai medesimi divieti e garanzie procedurali e a tal proposito la legge 157/92 dispone il divieto di “cacciare sparando da veicoli a motore o da natanti o da aeromobili”, il che, secondo il Consiglio dei Ministri, pone l'articolo in contrasto con la legge 157/92 e quindi con la Costituzione.
Infine nell'impugnativa è finito anche l’articolo 71, che introduce delle misure per il contenimento del cormorano. Non rientrando tra le specie cacciabili concesse dalla legge 157/92, l'unica via per concedere la caccia al cormorano è quella dell'utilizzo delle deroghe alla Direttiva Uccelli (articolo 19bis). Pertanto, l’articolo 71 non indicando la condizioni necessarie per accedere al regime di deroga, né tantomeno le modalità e i requisiti necessari per l’applicazione della stessa, contrasta con quanto previsto dall’articolo 9 della direttiva 2009/147/CE e dall’articolo 19-bis della legge n. 157/1992. “La normativa che recepisce le condizioni di adozione delle deroghe deve disciplinare le modalità, le procedure e le attribuzioni delle autorità competenti ma non può identificare a priori l’oggetto della stessa deroga, poiché questo è il risultato dell’analisi di una situazione di fatto che varia di volta in volta. La previsione delle specie oggetto della deroga già nelle disposizioni della legge si colloca fuori dell’obbiettivo della deroga, in quanto costituisce un’autorizzazione all’esercizio regolare della caccia a specie di uccelli protette (non cacciabili) ai sensi della direttiva”. Incostituzionale anche il comma che amplia l'elenco dei soggetti autorizzati al prelievo degli animali indicando: «a) la polizia provinciale e locale; b) gli agenti venatori volontari; c) le guardie giurate; d) gli operatori della vigilanza idraulica; e) i proprietari o conduttori di aziende vallive dedite all'acquacoltura e fondi agricoli; f) i soggetti muniti di licenza per l'esercizio dell'attività venatoria; g) altri soggetti all'uopo autorizzati dalle province e Città metropolitana di Venezia». La normativa regionale ampliando la platea dei soggetti preposti ad attuare gli interventi di controllo contravviene alle finalità dell’articolo 19 sopra citato che contiene un elenco tassativo anche allo scopo di assicurare una attenta ponderazione al fine di evitare che la tutela degli interessi sanitari, di protezione delle produzioni zootecniche, di selezione biologica ecc..., perseguiti con i piani di abbattimento, possa determinare una compromissione della sopravvivenza di altre specie faunistiche.
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