Se i Parchi non potessero già affidarsi ai cacciatori per risolvere il problema del sovrannumero delle specie particolarmente prolifere nei loro giardini dell'Eden, allora sì che saremmo di fronte ad una vera catastrofe. Come avviene al di fuori di questi recinti naturali, anche i Parchi hanno bisogno di sfoltire specie come il cinghiale, dannosa oltre misura sulle coltivazioni e per le strade pubbliche. Ed è proprio in questa direzione che dovrebbe andare la riforma della legge quadro sulle aree protette, finalmente calendarizzata in Senato per la seduta del 25 ottobre.
Il problema è che, nell'immaginario collettivo nazionale, i Parchi sono l'emblema dell'ambientalismo cruently free e quindi ogni intervento col fucile viene mal digerito dagli animalisti ma anche dai cittadini distratti, che nulla sanno di gestione faunistica. Figuriamoci poi se questa pratica (l'abbattimento ai fini del controllo faunistico), già in uso ma spesso sottaciuta nelle patinate brochure dei Parchi, finisse per essere messa a sistema, ed entrare nella riforma delle aree protette. Per il momento non se ne parla ma la questione è tutt'altro che risolta e ogni Parco ha la facoltà di decidere come e se intervenire.
Nel frattempo i cosiddetti protezionisti continuano a fare i protezionisti ad oltranza. Tanto per dirne una, è scoppiata la solita attesa polemica per il provvedimento deciso dal Parco del Gran Sasso, che, in virtù dei tanti danni registrati, ha deciso di tagliare la testa al toro, chiamando i cacciatori ad intervenire.
In questi giorni le associazioni animaliste abruzzesi Lipu, Altura, Salviamo l'Orso, Appennino Ecosistema tuonano sulla stampa locale criticando la decisione del Consiglio Direttivo dell'Ente Parco di fare entrare le doppiette. “Nelle aree del Parco dove si concentrano i danni al patrimonio agricolo - si legge nella delibera del Parco - verranno attivate, laddove possibile, anche misure di contenimento basate su abbattimenti selettivi da appostamento fisso o in girata”.
La risposta degli animalisti? “Esiste un efficientissimo sistema di cattura dei cinghiali mediante recinti di cattura che sono già in funzione da anni, messo a punto dal Parco stesso che consentono la cattura, ogni anno di poco meno di un migliaio di capi”. E' davvero fattibile? Certe avvisaglie anticaccia ci anticipano che il problema c'è, soprattutto perché i fondi pubblici ormai scarseggiano. E i cacciatori mettono a disposizione competenza e volontariato.
© RIPRODUZIONE RISERVATA