Riceviamo e pubblichiamo
Persino la tragedia del sisma è presa a pretesto dall’Enpa per chiedere la chiusura della caccia
Il confronto, anche aspro, di opinioni diverse espresse in buonafede, costituisce la base di ogni crescita culturale. Tuttavia, quando alle opinioni si sostituisce odio e preconcetto nei confronti di una categoria di cittadini, nella fattispecie cittadini onesti e incensurati, allora viene meno ogni possibilità di contraddittorio e si giunge a dover ribattere a delle farneticazioni.
Come quelle esternate proprio ieri (2 novembre) dall’Ente nazionale per la protezione animali (Enpa) che, a proposito del nuovo, terribile terremoto che ha colpito il Centro Italia, ha dato sfoggio di sciacallaggio anticaccia chiedendo al ministro degli Interni Angelino Alfano di bloccare l’esercizio venatorio nelle quattro regioni interessate dal sisma, vale a dire Umbria, Marche, Lazio e già che c’erano anche l’Abruzzo, che per fortuna non risulta danneggiato da questo sisma.
Secondo l’Enpa la caccia andrebbe chiusa sull’intera superficie delle quattro regioni italiane, malgrado il sisma abbia interessato – per fortuna – solamente pochi comuni confinanti fra loro. Le ragioni? Nell’ordine: la presenza di persone armate nei boschi rappresenterebbe un ulteriore fattore di rischio per l’incolumità delle persone e degli animali selvatici, i quali secondo l’Enpa sarebbero “gravemente provati dal terremoto”; lo spostamento dei mezzi dei cacciatori interferirebbe con il corretto funzionamento della macchina dei soccorritori; addirittura potrebbe accadere che qualcuno dei soccorritori stessi diventi bersaglio delle doppiette; a proposito di doppiette, gli spari dei cacciatori, sempre secondo l’Enpa, potrebbero minare ulteriormente la già difficile situazione psicologica delle popolazioni colpite.
Insomma, ogni scusa è buona per chiedere la chiusura di un’attività legale, sana, all’aria aperta e che consente di tenere sotto controllo il territorio, specialmente in una situazione di forte rischio sciacallaggio come è appunto quella attuale.
Ebbene, tanto per conoscenza dell’Enpa, la maggior parte dei territori interessati dal sisma ricade all’interno di aree protette, come il Parco Nazionale di Monti Sibillini o quello dei Monti della Laga, zone già da oltre venti anni interamente precluse all’attività venatoria. Riguardo le popolazioni colpite dal terremoto, queste risiedono in aree immediatamente adiacenti i centri abitati, di scarso o nullo interesse venatorio. Inoltre, in quelle comunità pressoché ogni famiglia conta almeno un cacciatore, che tra l’altro ha già pagato i circa 500 euro di licenza prima che si verificasse il sisma. Vietare la caccia sarebbe soltanto un’ulteriore beffa da aggiungere al danno immane già subito da queste persone.
Facciamo inoltre presente che il mondo venatorio, sebbene non organizzato come gruppo di protezione civile in maniera autonoma, conta moltissimi effettivi fra i volontari. Quindi sono davvero numerosi i cacciatori che, in questo periodo, non vanno a caccia per scelta propria, perché stanno prestando soccorso alle popolazioni colpite dal sisma. Anche a livello economico, poi, chiudere la caccia significherebbe penalizzare ulteriormente le poche attività rimaste ancora in piedi. La caccia porta con sé un indotto, sia pur modesto, per i bar, i ristoranti, i distributori di carburante delle zone frequentate dagli appassionati.
Riguardo il presunto stress subito dagli animali in occasione del terremoto, sappia l’Enpa che la selvaggina oggetto di caccia da ottobre sino a fine gennaio è prevalentemente migratoria, dunque di passo, pertanto impossibile da stressare con un terremoto. L’unica specie di fauna stanziale di interesse venatorio, a parte la lepre, è il cinghiale, che interessa oltre il 50% dei cacciatori. Tuttavia questo animale non soltanto non risulta stressato dal terremoto, ma proprio dal terremoto sta traendo giovamento e insolito, macabro nutrimento. E’ di qualche giorno fa, ad esempio, la richiesta da parte del sindaco di Visso di recinzioni elettrificate per proteggere i cimiteri civici dalle incursioni dei cinghiali. Non ci sentiamo di aggiungere altro.
Infine, insinuare che i soccorritori potrebbero diventare bersaglio dei cacciatori è ridicolo e diffamante. Al riguardo stiamo già valutando una class-action nei confronti dell’Enpa, in rappresentanza dei circa 500 mila cacciatori italiani.
In conclusione, chiediamo al ministro Alfano di non ascoltare le farneticazioni dell’Enpa, intrise di acredine pretestuosa e di ideologia anticaccia, e di continuare ad occuparsi di questioni ben più importanti come il concreto sostegno alle popolazioni colpite dal sisma, l’azione di polizia tuttora in atto per proteggere i centri ormai disabitati da possibili attività criminali e garantire la sicurezza dei cittadini.
Ufficio Stampa Federcaccia Umbra e Lazio –
per le Federazioni regionali dell’Italia Centrale