Le guardie zoofile volontarie (guardie giurate) non sono agenti di pubblica sicurezza. Non possono dunque eseguire operazioni di vigilanza autonoma, a meno che si trovino di fronte a reati che riguardano animali domestici. Lo ha ribadito, nuovamente, il Consiglio di Stato, rigettando l'appello della Lac (Lega per l'Abolizione della Caccia) che si era opposta alla sentenza del Tar del Piemonte, la quale aveva cassato la richiesta di veder riconosciute alle guardie zoofile della Lac le funzioni di vigilanza per la prevenzione e repressione delle infrazioni previste dai regolamenti generali e locali relativi alla protezione degli animali ed alla difesa del patrimonio zootecnico.
In particolare la Lac impugnava i decreti con i quali il Prefetto di Torino, nel rinnovare le nomine di questi ultimi a guardia volontaria zoofila, ne ha limitato l’applicazione alla vigilanza sui soli animali d’affezione, correttamente applicando il decreto del 1979 che ha tolto alle guardie giurate zoofile la qualifica di agenti di pubblica sicurezza. “E’ vero che l’art. 5 del d.P.R. 31 marzo 1979, n. 6, ammette le guardie zoofile alla partecipazione a programmi di amministrazioni – scrivono i giudici - , ma l’osservazione conferma quanto fino a ora esposto, atteso che ammette i soggetti in questione a partecipare a programmi gestiti da enti pubblici, ma non li ammette ad attività autonoma di vigilanza”. Il Consiglio di Stato, nel respingere l'appello, ha compensato integralmente le spese del giudizio “in ragione della parziale novità delle questioni trattate”.
Sul punto, rileviamo il commento sarcastico ma ben condivisibile dell'ex giudice Mori. “Il Consiglio di Stato ha correttamente messo i puntini sulle i agli anticaccia che si arrampicavano sugli specchi per sostenere che il Prefetto doveva munire le guardie zoofile con un decreto di valore generale. Tipico caso di lite temeraria ed è disgustoso che il CdS abbia lasciato le spese legali a carico dello Stato".