La giovane Benedetta Mori ha le idee chiare e non le manda certo a dire. “Bisogna modificare la mentalità di gran parte dei cacciatori”, dice, sollecitata dalla nostra redazione sulle prospettive della caccia italiana. “Qualcosa sta cambiando – continua Benedetta – ma il processo sembra essere ancora troppo lento”. Grafica e fotografa per passione e per professione (www.benedettamori.com), ha scelto poi di occuparsi anche di agricoltura, reinventandosi imprenditrice agricola (coltiva zafferano biologico). La sua forma di caccia preferita è quella alla selvaggina da penna, ovviamente con il cane, visto che è proprio grazie ai suoi cani che ha deciso di diventare cacciatrice, per assecondare la loro natura.
Benedetta approfitta della nostra rubrica per togliersi qualche sassolino dalle scarpe. “Credo che la caccia – sostiene Benedetta - sia un’attività bistrattata, molte volte anche per colpa del comportamento di pochi che non la praticano in modo etico. Penso che potrebbe essere rivalutata se il messaggio di cura del territorio, controllo faunistico, piani di abbattimento programmati ecc. venissero divulgati in modo più efficace”. Come? “La caccia è anche aggregazione sociale e cultura ambientale – risponde lei -, se passasse parte del messaggio intrinseco di cosa è la caccia, saremmo già a buon punto; purtroppo invece l’opinione pubblica sulla caccia la fanno i suoi detrattori, il che è assurdo”.
“Penso – continua Benedetta - che si debba divulgare di più la filosofia del cacciatore in generale, educare i futuri cacciatori che la caccia non è solo ed esclusivamente il carniere, anzi, si può tornare da una mattinata di caccia senza carniere ma soddisfatti per le azioni del proprio cane e per il contatto diretto con la natura, penso che molti cacciatori dovrebbero rispettare di più le regole sul numero dei capi, penso che dovrebbero essere studiati dei piani per il ripopolamento differenti da quelli esistenti anche a costo di sacrificare le uscite per qualche anno se poi ci troviamo con selvaggina naturale buona invece che con ”polli” immessi”. E poi ribadisce: “andrebbero pubblicizzate meglio le attività che i vari enti di cacciatori fanno o appoggiano a favore dell’ambiente e dell’agricoltura”.
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