La caccia delle donne non è solo quella praticata. Ci sono anche quelle che vi si dedicano con passione per professione. E' il caso di Erika Biró, amministratrice di un'azienda venatoria ungherese. Da ventisei anni ormai organizza battute di caccia, accompagnando i propri clienti nelle uscite alla piccola selvaggina (lepri, fagiani, anatre, tortore) e a quella un po' più impegnativa, come caprioli, daini, mufloni e cinghiali. "Per me la caccia più bella - ci dice Erika - è quella al bramito al cervo".
Erika pensa che la caccia sia un hobby importante e necessario per l'equilibrio della natura. "Serve alla selezione delle specie ed è molto importante per difendere gli ambienti naturali". Quanto ai turisti venatori, ci dice, la maggior parte è over 65 anni. "Purtroppo mancano i giovani, segno che la cultura della caccia non viene tramandata come una volta" sottolinea.
Chi sceglie di cacciare in Ungheria lo fa per diversi motivi, in parte per l'abbondanza di selvaggina, in parte per la possibilità di provare emozioni che altrove, in Europa, sono state ridotte da leggi ingiuste e troppo rigorose. Ma non si deve pensare che chi caccia in queste riserve sia uno sparatore. "Finita la caccia - spiega Erika Birò - si fa una cerimonia per onorare la selvaggina cacciata e, in generale, si incoraggiano i cacciatori a comportamenti rispettosi: " la selvaggina bisogna sapersela guadagnare" dice.
Un concetto che Erika vuole ribadire, a fronte delle tante accuse rivolte ai paesi dell'Est: "siamo un popolo con un'antica tradizione della caccia, che rispettiamo, così come la maggior parte dei nostri amici stranieri". Infine una considerazione sugli animalisti italiani: "frequentando da diversi anni l'Exa di Brescia - evidenzia Erika - ho notato che ci sono molte proteste animaliste, forse perchè capiscono poco cosa sia la vera caccia e non riconoscono i veri problemi. Con i nuovi sistemi agricoli e i diserbanti si danneggia molto di piú la selvaggina (e anche le persone) di quanto possa fare la caccia. Lo dimostra il fatto che dove resistono i piccoli proprietari di terreni c'è tanta selvaggina, mentre dove coltivano i grandi produttori scompare per centinaia di ettari".