Uno degli argomenti cardine sull'avvio di una filiera della selvaggina è quello della formazione dei cacciatori, veri protagonisti di un'operazione concepita come un reale ritorno di interessi e di immagine a favore della valorizzazione della caccia stessa. A parlarne, durante il convegno Selvaggina. Carne buona e sana, da onorare con rispetto organizzato dalla Confederazione dei Cacciatori Toscani a Firenze poche settimane fa, è stato
Cristiano Pieracci, uno dei tanti cacciatori "formati" (sia alla scuola mitteleuropea, sia con i corsi organizzati in Toscana), sensibile e appassionato, che ha dato conto delle sue esperienze formative e ha tenuto a evidenziare come una caccia eticamente avanzata oltre a fornire "carne buona e sana" (il tema del convegno) è in grado di mettere ancora più in evidenza i valori di un vero e altrettanto sano ambientalismo dei cacciatori.
"Una filiera di carni provenienti da animali selvatici in senso stretto, e come tali, cacciati - ha detto - è una occasione, per tutti, e come tale può essere usata bene o male. Si tratta in effetti di un punto di svolta di tutto il modo tradizionale di utilizzarle. Gli animali selvatici, hanno carni di eccezionale valore organolettico, nutrizionale, e soprattutto sono le uniche carni naturalmente “biologiche”. Per altro verso, hanno un impatto sul territorio spesso non trascurabile in termini di danno agricolo, ma anche forestale, insomma sono specie su cui l’ambiente investe molto per portarli a maturazione (proprio come un frutto): un cervo adulto, per esempio, può consumare fino a venti chili di materiale vegetale al giorno e che siano mele di un contadino o corteccia di un bosco poco importa. Rimane un onere importante."
"In questa ottica - ha proseguito - l’unica quadratura del cerchio sembra proprio l’ipotesi di riuscire a far implementare su queste carni un vero processo di costruzione di valore che possa far comprendere anche al grande pubblico che siamo di fronte a un prodotto di eccellenza, unico e soprattutto sano. E’ un processo in cui vincono tutti, i cacciatori che potranno cominciare ad avere la dignità che si deve a un produttore primario, il mondo agricolo che avrà facile accesso ad un valore riconosciuto e riconoscibile anche a fronte di un danno subito, la selvaggina stessa che a fronte di un consumo gestito dovrà esser anche tutelata e conservata, l’ente pubblico che potrà gestire questo valore facendolo uscire dal un circuito anonimo, e soprattutto il consumatore che finalmente avrà carni buone e, soprattutto, sicure."
Due sono i passaggi fondamentali, dice. La formazione dei cacciatori, che dovranno imparare a prelevare correttamente, con calma, tempo ed eccezionale accuratezza, e in questo senso l’attuale quadro normativo non aiuta. In particolare l’utilizzo dei piani di prelievo a scalare è incompatibile con gli obiettivi della filiera stessa. E anche la valorizzazzione del prodotto, che deve uscire dal circuito domestico e dalle poche ricette tradizionali, per entrare in quello della ristorazione di alta e altissima qualità, che crea valore, attenzione mediatica e soprattutto innovazione gastronomica necessaria per portare questa fantastica materia prima nella gastronomia del terzo millennio. (CCT)