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News CacciaAmiche di BigHunter, Federica Nardi: “la caccia? Se la conosci la ami” venerdì 20 gennaio 2017 | | "Prima di conoscere Daniele (Ubaldi, ndr, vedi profilo), il mio compagno, ero un'anticaccia sia pur non integralista, ma non capivo il motivo per il quale alzarsi all’alba al mattino. Devo spiegare però che la mia non è una famiglia di cacciatori quindi non la conoscevo se non tramite la “radiolina” dell’autista dell’autobus che mi portava a scuola. Lui, “cinghialaro” convinto, non potendo andare a caccia lasciava la radiolina accesa per sentire come andava la battuta al cinghiale… e lascio solo immaginare cosa noi ragazzini sentivamo uscire da quel marchingegno. Quindi questa era la mia percezione della caccia. Tutto è cambiato quando ho conosciuto Daniele, che con pazienza, cominciando dalla riserva, ha insistito per avvicinarmi a questo mondo e a quello dei cani da ferma, in particolare gli inglesi (setter e pointer)”. Tanto che oggi Federica Nardi, 29 anni di Acquasparta (TR), impiegata, mamma di una bimba di due anni, è diventata lei stessa un'appassionata, sia di caccia che di cinofilia praticata (prove di lavoro). Anche se tutto è iniziato da una scommessa: “una sera - ci confessa Federica -, giocando a bowling con il mio compagno, abbiamo messo in palio, in caso di mia disfatta, la licenza di caccia. Il finale è intuitivo. Sono andata a caccia per tre anni consecutivi, con magri risultati a livello di selvaggina abbattuta (sono la regina della “padella”), ma grandi risultati a livello umano e di conoscenza del territorio. E comunque, nel mio piccolo, ho fatto qualche gara di cinofilia ed ho portato a casa anche qualche medaglia. Oggi sono in pausa perché devo fare la mamma, ma spero presto di tornare sul terreno, magari tra i boschi a cercare ancora la Regina”.
“Credo che il cacciatore sia una tra le figure che conosce meglio il territorio e la flora e la fauna – aggiunge - ad esso connessa. Al contrario di ciò che si pensa, il cacciatore ci tiene all’ambiente e cerca di preservarlo, proprio perché l’habitat della selvaggina deve essere il migliore possibile per far sì che le varie specie continuino ad esistere. Poi, però, di contro come in tutte le cose ci sono gli eccessi.... Ma l’eccezione è dappertutto, ed anche se oggi penso che il cacciatore sia, paradossalmente ma nemmeno poi tanto, il migliore amico della selvaggina e dell’ambiente”.
Poi ci sono loro, i cani. “Il loro lavoro è quasi una magia. Un disegno, la ricerca della selvaggina, la ferma, stupenda, la risoluzione dell’azione. Un meccanismo perfetto che solo chi non ha mai visto dal vivo può non apprezzare”. Questo è uno dei tanti aspetti di quello che chiamiamo cultura venatoria. “Un modo di vivere – aggiunge Federica - , un mondo che se coniugato con l’educazione e la cultura può davvero essere utile per l’ambiente e per fissare ancora di più le radici in un territorio”.
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