Come ogni anno a chiusura della stagione venatoria, in queste ore verranno diffusi i soliti allarmismi sulla presunta pericolosità della caccia, con il consueto conteggio supergonfiato. I nostri imperterriti detrattori non diranno ciò che è più che mai evidente. Ovvero che le campagne per incrementare la sicurezza in ambito venatorio, portate avanti lodevolmente dalle associazioni venatorie e dagli altri portatori d'interesse, stanno avendo un successo tale da aver contribuito in pochissimi anni a far ridurre sempre di più e in maniera sempre più evidente il numero di incidenti gravi.
E in effetti quest'anno si dispone di dati molto confortanti. Intendiamoci, anche un solo incidente è per noi una spina nel fianco, ma la rapida discesa del trend non può non trovarci sommessamente soddisfatti. A scanso di equivoci citeremo i dati registrati dalla LAC (Lega per l'Abolizione della Caccia), che fa del terroristico conteggio degli incidenti una delle sua attività di punta.
Ebbene il rapporto tra gli incidenti di caccia (che hanno coinvolto esclusivamente cacciatori) e quelli che ben poco hanno a che vedere con l'utilizzo delle armi o la pratica della caccia in sé (ovvero le morti per malori, infarti, cadute accidentali, ecc.), è di 7 a 31. Il che vuol dire che incide molto di più il colesterolo e l'età, causando infarti (purtroppo una costante tra le cause più diffuse di decesso), rispetto alla ostentata doppietta.
Per quanto riguarda i feriti, in tutta Italia, per incidenti con le armi da caccia se ne contano 19. E se è vero che almeno in parte certi incidenti potrebbero avere una riduzione d'effetto, è altrettanto noto che ogni attività umana, è statisticamente evidente, comporta incidenti e decessi. Basterebbe contare quante persone si feriscono o perdono la vita praticando altre attività all'aria aperta, come lo sci, l'alpinismo o le attività più caute come l'escursionismo o la raccolta di funghi. Dati alla mano la caccia, è una delle attività più sicure. Per i dovuti raffronti, vedasi l'inchiesta: