Ogni Parco in media si avvale già di circa 200 cacciatori per le operazioni di gestione della fauna, i quali arrivano a coprire il 95% degli abbattimenti. Sono prelievi mirati, decisi dall'Ente Parco e affidati a chi, per ovvi motivi, detiene regolare licenza venatoria. Forse chi critica la possibilità di far entrare i cacciatori, anche se pochi e autorizzati, confermata nella riforma, non lo sa o fa finta di non saperlo. Lo dice il Presidente di Federparchi, Giampiero Sammuri, difendendo a spada tratta la riforma al vaglio della Camera.
“Mi domando come sia possibile che qualcuno scriva o dica che la modifica della 394 approvata dal Senato apra la caccia nei parchi o, in modo forse malizioso, che apra le porte dei parchi ai cacciatori”, così il presidente di Federparchi Giampiero Sammuri risponde alle critiche mosse alla riforma da parte delle associazioni animaliste. "In premessa, vorrei chiarire un concetto che è propedeutico a tutto il ragionamento: la differenza tra caccia e controllo faunistico. Sembra una cosa banale ma c'è una convinzione diffusa che, se un animale selvatico viene abbattuto, si tratti sempre di attività di caccia. Oltretutto, visto che, per maneggiare un'arma da fuoco adatta per gli abbattimenti si deve avere un porto d'armi, chi lo fa normalmente è un cacciatore e questo alimenta ancora di più la confusione”.
Sammuri, dopo aver spiegato la differenza tra le due attività (che risparmiamo ai nostri lettori, più che istruiti su questo), evidenzia che “la modifica approvata al Senato all'art. 5 sancisce che la caccia nei parchi nazionali e regionali è vietata e che a questo divieto (a differenza di altri) non si può derogare. La caccia nei parchi nazionali e regionali è già vietata, ma in modo chiaro per effetto di un'altra legge, la già citata 157/92, mentre nella 394 vigente il divieto è più sfumato ed interpretabile. La modifica lo rende invece inequivocabile, basta leggere il citato art. 5. Basterebbe dare una letta alle audizioni fatte alla Camera (o guardarle nell'archivio della relativa WebTV) per constatare che tale elemento fa parte della riforma. A tal proposito Sammuri cita anche l'audizione delle associazioni venatorie nella quale le stesse fanno notare come in altri stati europei la caccia nei parchi non sia vietata e, ovviamente che, dal loro punto di vista, andrebbe consentita anche in Italia. "Quindi per avere contezza della baggianata che la modifica della 394 apra la caccia nei parchi, basta leggere la norma attuale e quella in itinere".
La seconda affermazione, che la riforma apra la porta dei parchi ai cacciatori, è già più veritiera. “Qualcuno – spiega Sammuri - potrebbe pensare che attualmente i parchi italiani siano off limits per i cacciatori e che nessuno di loro possa sparare un colpo all'interno mentre invece la modifica introduca questa possibilità. In realtà, la situazione attuale è la seguente: limitandosi ai soli parchi nazionali, nel 2016, 14 su 24 hanno attivato interventi di controllo faunistico. In 5 si utilizzano solo le catture, in 7 solo gli abbattimenti e in 2 entrambi i metodi. Degli altri 10, 7 non ne hanno necessità e 3 inizieranno nel 2017. Nel corso dell'anno sono stati prelevati 7506 capi: 3316 catturati (3223 cinghiali e 93 mufloni) e 4190 abbattuti (3678 Cinghiali, 434 cervi e 78 mufloni). Oltre il 95% dei capi abbattuti lo sono da parte di cacciatori autorizzati dai parchi che, nel 2016 erano, nei 9 parchi che li utilizzavano, 1789. Per il 2017 i parchi nazionali ne stanno autorizzando altri 600 circa, il tutto, ovviamente, a norma invariata. Quindi alla domanda secca che uno potrebbe fare: ma oggi ci vanno i cacciatori ad abbattere animali nei parchi? La risposta è una sola: SI, ci vanno. E in un numero abbastanza consistente, circa 200 in media per ogni parco”.
"Cosa cambia in questo ambito la modifica? A mio giudizio solo cose che dovrebbero essere salutate positivamente da chi ha a cuore la conservazione della biodiversità, ma anche da chi non nutre una grande simpatia per i cacciatori. Ne elenco alcuni. I parchi che intendono operare interventi di controllo faunistico devono predisporre un piano che è sottoposto al parere obbligatorio e vincolante dell'ISPRA; i cacciatori che intendono operare interventi di abbattimento devono frequentare un corso validato da ISPRA, che, in casi del genere, richiede sempre il superamento di un esame finale; se contravvengono alle regole comportamentali stabilite dal parco per interventi di controllo faunistico vengono esclusi a vita da tali attività, ferme restando tutte le sanzioni civili e penali che il loro comportamento ha determinato. Queste cose, oltre ad essere scritte in modo chiaro nel testo approvato dal Senato, sono state esposte in modo esaustivo (le prime due) da ISPRA nel corso dell'audizione", conclude Sammuri.