Proseguono i lavori della Regione Emilia-Romagna sul nuovo Piano faunistico venatorio regionale, che avrà duranta quinquiennale (2017 – 2022) e che sostituirà la programmazione provinciale. Il Piano, presentato negli scorsi giorni dalla Regione, ha iniziato la lunga fase di confronto con i portatori di interesse, che si concluderà fra alcuni mesi con l’approvazione da parte dell’Assemblea legislativa.
Il quadro conoscitivo che sta alla base del Piano – hanno spiegato i tecnici – parte dall’analisi delle specie faunistiche presenti in Emilia-Romagna e della loro distribuzione sul territorio (Carta delle vocazioni faunistiche) per definire unità territoriali omogenee a seconda dei livelli di concentrazione delle varie specie (protette, non protette ma non impattanti, non protette e impattanti) e delle peculiarità dei vari ambienti. Per quanto riguarda le specie non protette e impattanti (ungulati in testa), il Piano, a seconda della numerosità dei capi e dell’incidenza dei danni causati, compresi gli incidenti stradali, elenca gli interventi di prevenzione e di controllo, con l’introduzione di significative misure sperimentali. L’ultima parte del Piano concerne la riorganizzazione degli istituti faunistici con finalità pubblica e privata, con particolare attenzione, per quanto riguarda quelli a finalità privata, agli Ambiti territoriali di caccia (Atc), data la peculiare funzione di gestione venatoria nel territorio.
Nel caso del cinghiale vengono fissati obiettivi non conservativi: "i distretti di gestione con estese porzioni (≥ del 25% della superficie complessiva) inserite nei comprensori 1 e 2, assumono come obiettivo la massima riduzione numerica possibile degli effettivi della specie: il prelievo venatorio deve quindi avvenire senza vincoli quali-quantitativi. Nei distretti con sviluppo preponderante, in termini di superficie, nel comprensorio 3 (≥ del 75% della superficie complessiva), è consentita la gestione conservativa del cinghiale. Nei casi di quest’ultimo tipo, il riferimento a cui tendere è rappresentato dalla soglia economica di danno pari a 11 €/kmq (cfr. punto seguente). Nei distretti in questione, laddove il danno calcolato per unità di superficie oltrepassi il valore indicato, la dimensione del piano di prelievo deve essere calcolata in base ad un rapporto di correlazione diretta con l’andamento dei danni prodotti dal cinghiale alle produzioni agricole".
Il Piano prevede la suddivisione del territorio degli ATC in distretti omogenei di gestione. Per la selvaggina stanziale (lepre in primis), si prevede la possibilità di avviare, sulla base di caratteristiche ambientali, faunistiche e sociali, modelli gestionali sostenibili, basati su censimenti, pianificazione del prelievo sulla base delle consistenze stimate, assegnazione di capi in abbattimento sulla base di una graduatoria di merito a cui accederanno coloro che hanno fornito prestazioni d’opera nell’ambito delle attività gestionali dell’ATC e assenza di interventi di ripopolamento. Un obbiettivo, quest'ultimo, che potrà essere attuato grazie ai miglioramenti ambientali in zone di protezione e produzione, per la costituzione di nuclei vitali in grado di ripopolare naturalmente il territorio cacciabile circostante. Per la volpe si prevede l'ok alla caccia di notte col faro e con carabina col calibro piccolo.