Il prossimo 7 marzo, a Bruxelles sembra che si giocher�gran parte del futuro della caccia alla migratoria in Europa e in Italia. Parallelamente infatti al convegno ("Il futuro delle direttive sulla natura: dove stiamo andando"), organizzato dalla FACE - Federazione delle Associazioni Venatorie e per la Conservazione dell'UE a Bruxelles, grazie all'Intergruppo "Biodiversità, Caccia e Ruralità" del Parlamento europeo, verranno valutate (probabilmente su altri tavoli) le posizioni dei singoli stati e dei singoli uffici periferici, per definire gli eventuali aggiustamenti alla Direttiva Uccelli, per la quale si accredita una specie di non belligeranza.
La Direttiva Uccelli non si tocca, tuonano i nostri serafici ambientalisti (ma la volevano modificare in peggio, ovviamente). Mentre i nostri eroi, con in testa i sei del Vivamaria (Briano, Comi, Cicu, De Castro, Sernagiotto, Zoffoli), reclamano a gran voce la revisione dei Key Concepts alla luce dei parallelismi geografici e climatici e soprattutto frutto di dati scientifici che non lasciano dubbi. Al momento, al confine di Ventimiglia il tordo e la beccaccia pare che soffrano di turbe ormonali gravi. Di là mangiano tranquilli olive e lombrichi, di qua sono già in estro amoroso. Ma quando passano da qua a là, qualche dubbio, poverini, se lo pongono anche loro.
Beh. Ma come stanno le cose? E cosa succederà?
Giorni fa eravamo rimasti col Ministro Galletti che, anche lui colpito da anologa sindrome, con gli umori a metà fra i dati aggiornatissimi forniti dalle Regioni (e dai ricercatori anche non Ispra) convalidava la posizione uffficiale dell'Ispra, per l'avvio di un processo di revisione dell'Atlante della migrazione degli uccelli europei, su cui basare "il rilascio dei pareri già a partire della prossima stagione venatoria sulla base delle prime risultanze acquisite”. Un modo, considerato da molti, per non acquisire i dati già noti e rimettere in discussione anche certe posizioni di paesi vicini.
Su questa strada, si dice che siano avvenuti incontri formali, su tavoli comunitari, dove - sempre ai si dice - le posizioni Ispra/Minambiente siano rimaste al palo, con i paesi più interessati all'argomento (Francia, Grecia, Malta, Spagna, Portogallo) restii a imbarcarsi nell'impresa. Insomma:che l'Italia risolva i suoi problemi e porti i dati a Bruxelles, e lasci in pace gli altri. Al che, qualcuno sembra abbia anche raccomandato che per non sostenere le posizioni in solitaria, sarebbe stato utile collegare le nostre risultanze scientifiche a quelle acquisite dai dirimpettai francesi, tipo OMPO.
A questo punto, i sei parlamentari europei, a prescindere dalla collocazione politica, uniti finalmente nel sostenere le nostre sacrosante ragioni, il 25 gennaio hanno inviato una lettera al commissario europeo all'ambiente, il maltese Vella, e una (fresca fresca, il 20 febbraio) al Ministro Galletti, invitandoli a non porre tempo in mezzo, ricordando al primo "che la contraddizione esistente tra gli Stati membri può essere risolta", uniformando specie e calendari "fra quelli con le caratteristiche climatiche e ambientali simili", vedi Francia e Italia ad esempio, e all'altro che sulla base dei dati disponibili, anche forniti da Ispra, per adeguare le disposizioni non c'è bisogno "di un ulteriore avallo scientifico, o di una eventuale stesura di un Atlante Europeo delle migrazioni".
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