La consigliera regionale umbra Carla Casciari (Pd) in una mozione propone di "instaurare in Umbria un sistema di filiera corta che sappia valorizzare la qualità della carne ottenuta dall’attività di contenimento dei cinghiali”. Per Casciari servirebbe “un sistema che preveda la verifica degli animali e loro lavorazione presso mattatoi specificatamente autorizzati e a disposizione delle squadre di contenimento. La filiera, oltre alle istituzioni regionali e locali, al Dipartimento di prevenzione e del Servizio sanitario e agli Ambiti Territoriali di Caccia, potrebbe coinvolgere attivamente anche i Parchi dell’Umbria quali luogo di maggior presenza delle specie di ungulati, con l’obiettivo finale di creare un marchio locale da promuovere anche sui mercati nazionali ed internazionali”.
"Sulla base degli ultimi dati a disposizione gli Atc hanno provveduto all’abbattimento di circa 3000 esemplari" evidenzia la consigliera. “La selvaggina – scrive ancora Casciari – è un prodotto pregiato che occupa un posto importante in una alimentazione sana e naturale. Il consumo di tali carni, da sempre appartenenti alla tradizione culinaria umbra, ha visto negli ultimi anni una crescente richiesta, tanto da suggerire il ricorso agli allevamenti di determinate specie di animali selvatici o l’importazione delle carni da altri paesi. L’interesse per i prodotti di selvaggina, freschi o stagionati, è anche un fattore di attrazione turistica".
"Le carni di selvaggina che provengono da azioni di contenimento della specie sono e restano di proprietà dello Stato. Ma - scrive la Casciari - persiste, oggi, la consuetudine di assegnare l’animale abbattuto al cacciatore che ha partecipato al contenimento o al proprietario del terreno. La gestione della fauna implica inoltre un corretto utilizzo delle spoglie degli animali prelevati durante l’attività venatoria . L’applicazione da parte del cacciatore di alcune precauzioni e manualità risulta quindi di fondamentale importanza per assicurazione una qualità igienica ed organolettica delle carni, e la loro conservabilità. Servirebbe una specifica formazione per i cacciatori che sono parte integrante di un processo qualitativo che garantisce anche la salute del consumatore di carne di selvaggina”.