Ci sono diverse illegittimit�nella nuova Disciplina per il riconoscimento della qualifica di Guardia volontaria venatoria e del servizio di Vigilanza, approvato con delibera della Giunta della Regione Lazio. A dirlo è l'ex giudice Edoardo Mori, un vero esperto in materia.
La Delibera le eleva a Pubblici Ufficiali
L'articolo 10, comma 1 attribuisce ad esempio a questi soggetti le funzioni di Pubblici Ufficiali. “Le guardie volontarie – scrive Mori - sono guardie giurate nominate dal Prefetto e, in poche Regioni, dalla Regione stessa; è dubbio se le regioni possano arrogarsi questo potere; la Regione Lombardia, del tutto correttamente, ha stabilito che le guardie volontarie debbano avere il decreto prefettizio. Comunque le guardie volontarie non sono mai pubblici ufficiali, ma, per volontà della legge 6 giugno 2008 n. 101, sono solo incaricati di pubblico servizio (una sentenza della Cassazione che afferma il contrario è anteriore a questa legge); e ciò è tanto vero che la stessa norma sopra citata dice che redigono solo verbali di riferimento e non verbali di accertamento. La legge 689/1981 riserva il potere di accertamento mediante verbali che fanno fede fino a querela di falso ai dipendenti pubblici e di certo non ai privati”. E' noto poi che possono controllare solo persone in esercizio o atteggiamento di caccia e in possesso di armi o arnesi atti alla caccia.
Via libera al porto d'arma a tutte le guardie volontarie
Anche nell'Articolo 11 c'è qualcosa che non va, dove si permette alle stesse di portare armi, per finlità di difesa personale, a patto che siano caricate con munizione non spezzata. “Ma quando mai le regioni hanno competenza in materia di porto d'armi e possono scavalcare prefetti e questori e leggi statali e dire quando si può o meno portare un'arma?” scrive Mori. Ed infatti “da decenni il Ministero afferma, correttamente, che le guardie volontarie non hanno alcun diritto di andare armate e rifiuta loro la licenza di porto d'armi lunghe o corte per difesa”. Inoltre, continua l'ex giudice, “alle guardie venatorie volontarie è vietato l'esercizio venatorio durante l'esercizio delle loro funzioni (art. 27 c. 5° L. 157/1992). Vale a dire che quando sono in campagna o fanno i cacciatori oppure fanno le guardie senza portare armi lunghe. Se portassero, in quanto autorizzati dal prefetto o da altri, armi lunghe per difesa personale, dovrebbero comunque osservare le norme venatorie, portarle scariche ove non si può cacciare e mettere l’arma in custodia nei luoghi per cui ciò è prescritto”. “Siccome il fatto di girare con un fucile non scarico e non in custodia in campagna integra il cosiddetto atteggiamento di caccia è chiaro che una guardia volontaria in servizio non potrà mai portare un fucile se non in custodia e che se lo facesse perderebbe immediatamente la licenza di caccia. La normativa è di tutta ovvietà perché non deve sorgere il sospetto che la guardia sia contemporaneamente un bracconiere!”. In effetti una vecchia circolare Ministero Int. 10.6466/10173(2) del 13 ottobre 1979, aveva affermato che le Guardie venatorie possono andare armate di fucile sempre che non usino munizioni spezzate. La prescrizione circa le munizioni è una sciocchezza, basata sul TU della caccia del 1939 già non più in vigore nel 1979! Per il resto la circolare è superata dalla legge del 1992.
Una norma da riscrivere
Secondo Mori "sarebbe bene che prefetti e ministero dell'Interno intervenissero a rimettere le cose a posto. E i cacciatori dovrebbero segnalare al prefetto ed al questore ogni abuso, così che essi possano procedere alla revoche delle licenze di caccia agli sciocchi con la mentalità da sceriffo. Credo che il regolamento non sia ancora stato pubblicato; forse può essere ancora fermato!” scriveva Mori il 27 febbraio scorso. A noi invece risulta pubblicato nel Bollettino Ufficiale del 31 gennaio.