Il Presidente dell’Arcicaccia Teramo Massimo Sordini si dice fortemente deluso dal modo in cui la politica regionale sta gestendo la proposta di modifica del regolamento regionale degli ungulati. “Da circa 6 mesi ormai la Commissione regionale è impegnata su modifiche urgentissime al regolamento per il contrasto della presenza massiccia del cinghiale in alcune aree e non si vede ancora la linea del traguardo”. Con queste parole il pres. Provinciale Arci Caccia Massimo Sordini, stigmatizza sull’operato della III Commissione della regione Abruzzo che da mesi rimanda l’approvazione del suddetto regolamento.
Tutto era partito dall’allarme dei sindaci di Chieti che proponevano ordinanze per abbattere massicciamente i cinghiali arrivati entro i centri urbani e sulla costa; si è poi mossa una massa critica fatta da Prefetture, Associazioni venatorie e agricole, gli stessi Sindaci di Chieti, ecc. che hanno proposto un testo da tutti condiviso e al vaglio della Commissione consiliare. La modifica da tutti condivisa e firmata da 11 Consiglieri Regionali, era la riapertura alla caccia a squadre in quei territori della Regione in cui oggi c’è crescente allarme sociale come la costa teatina. Si perché (sembra strano) ma il regolamento attuale, approvato dalla Giunta Chiodi e dall’Assessore Febo nel 2014, di fatto ha chiuso per tre anni la caccia al cinghiale in squadra in queste aree oggi fortemente danneggiate.
Commenta Sordini: “Qui è iniziato il lungo lavoro della commissione o meglio “lavorio”, fatto di discussioni, emendamenti, rinvii, ecc.; sembra impossibile ma anche su una problematica così urgente, semplice e condivisibile, la politica è riuscita a scontrarsi per non risolvere nulla nel totale disinteresse della cosa pubblica”.
E tutti stanno a guardare, cacciatori, agricoltori, sindaci, ecc. “Spero solo - conclude Sordini - che prevalga subito il buon senso e che si giunga rapidamente all’approvazione di questa modifica urgentissima; sarebbe da incoscienti restare ancora inermi continuando a pagare danni salatissimi o piangere i morti degli incidenti, in una regione messa all’angolo dalle calamità naturali e dove i tagli alla sanità sono all’ordine del giorno”.