Se io fossi stato un grande mecenate del Rinascimento ed avessi avuto immense possibilità finanziarie, non mi sarei lasciato andare a sfarzi, feste mondane o spese folli, ma mi sarei circondato di grandi artisti.
Perché, oltre ad amare la caccia ed il magico mondo venatorio in tutte le sue forme, ho una passione viscerale per tutte le opere d’arte che hanno come soggetto la selvaggina ed il suo habitat. Che sia un bronzo, una ceramica, una scultura, un’incisione su legno o un’opera su tela non ha importanza, quel che conta è che gli scenari e le forme siano riportate in armonia e con bravura, e questo accade soltanto quando chi li crea è spinto da una profonda ispirazione oltre che, naturalmente, da doti innate. E tra gli artisti che avrei voluto vicino ci sarebbe stato sicuramente anche lo scultore cadorino Rudy De Candido.
Purtroppo la timidezza e la modestia di questo simpatico ragazzone (Rudy è nato a Santo Stefano di Cadore il 25 giugno del 1967!) ha limitato notevolmente la sua notorietà, ma, credetemi, Rudy nel campo delle sculture in legno è veramente uno dei più grandi in assoluto. Rudy de Candido intaglia il legno e lo fa, oltre che con grande passione, con una facilità ed una maestria fuori del comune, come se gli venisse spontaneo farlo. Noi due ci siamo conosciuti in occasione di una delle prime edizioni della Fiera della Caccia di Longarone ed immancabilmente visto che tra l’altro Rudy è anche cacciatore, col tempo siamo diventati ottimi amici. Sono andato a trovarlo a Santo Stefano di Cadore, dove vive con la sua bella moglie Nadia (famosissima cacciatrice della zona!) e con le sue due splendide figlie Sabrina e Valentina, per cercare di capire come può una persona dare vita ad un semplicissimo pezzo di legno raccolto nel bosco. Rudy è nato e vissuto nelle dolomiti bellunesi dove i lunghi e freddi inverni spesso costringono persone ed animali a muoversi poco ed a rimanere rintanati nelle loro case e nei loro rifugi.
Così Rudy (che tutto gli si può dire ma non che sia pigro o fannullone), quando il gelo e la neve l’obbligava a rimanere in casa, scendeva nella legnaia, sceglieva un pezzo di legno che l’ispirava particolarmente e lo trasformava in un capriolo che si gratta, in un cervo che bramisce, in un numeroso gruppo di camosci che si scaldano sulle rocce o in un maestoso cedrone al canto. A Rudy riesce più facile trasformare un “ciocchetto” di cirmolo in un animale selvatico che a molti di noi di disegnarlo su carta. Ho sempre ammirato tutti gli artisti che gravitano intorno al mondo della caccia come pittori e incisori, ma lo scultore è forse quello che ammiro di più. Chissà, forse perché possiede la dote unica e particolare d’interpretare e di saper gestire alla perfezione le giuste proporzioni. Sono decenni che immancabilmente tutte le estati vado in vacanza in montagna, e tutte le volte, puntualmente, dedico molto del mio tempo libero a visitare mostre, laboratori e negozi di artigiani ed artisti.
Ho viste centinaia di sculture in legno e qualcuna, quando ho potuto, l’ho anche acquistata per la mia piccola collezione. Ho preso sempre sculture a soggetto venatorio che riproducono caprioli (il mio preferito!), cervi, camosci e cinghiali sia in semplice color legno sia dipinte, ma quel che distingue questo genere lavori e che ne caratterizza la “mano”, è la cura dei particolari. Soltanto un profondo conoscitore degli animali selvatici e delle loro abitudini riesce a riprodurre così fedelmente le loro fattezze e le loro espressioni.
Quanti scultori, incisori e pittori riescono a cogliere alla perfezione un’espressione, un gesto o lo sguardo allarmato o incuriosito di un capriolo? Quelli che lo sanno fare è soltanto perché è come se avessero sempre il soggetto sotto gli occhi. Quanti artisti si ricordano di riprodurre i fasci muscolari presenti sul collo di un cervo, la criniera di un camoscio, le anche spigolose di un capriolo o la barba di un muflone? Rudy è uno di quelli, perché sin da piccolo, attratto dalla natura alpina, della flora ed in particolare della fauna selvatica, come gli si presentava l’occasione si faceva accompagnare nei boschi e sulle Dolomiti per osservare attentamente gli animali.
In mezzo a paesaggi meravigliosi e incontaminati imparava a conoscere camosci, cervi, caprioli, galli forcelli e cedroni e come posseduto da una passione irrefrenabile e da una vocazione interiore, ha cominciato a riportare le sue emozioni sul legno, trasformandosi in breve tempo in uno dei più bravi scultori del settore. Rudy alla scultura è riuscito ad abbinare un tocco magico che pochi sono in grado di imitare; non esagero affermando che i suoi lavori ti trasmettono l’amore che lui ha per la montagna e per le sue creature.
Rudy è completamente autodidatta e specifica sempre con vigore che non ha mai seguito mode o stili e che non è mai stato influenzato dagli altri colleghi. Dopo averlo conosciuto a fondo e dopo aver ammirato molti dei suoi lavori, mi è ancora difficile capire come un artista tanto bravo possa essere così modesto. Rudy alza immancabilmente le spalle a tutti i miei complimenti, come se per lui intagliare in un modo così bello sia la cosa più naturale del mondo. Forse Rudy è inconsapevole di saper creare degli oggetti unici che sono in grado di dare ai loro possessori una felicità impossibile da descrivere. Può capirmi soltanto chi ha la mia stessa passione per l’oggettistica venatoria e per tutte le cose belle di questo genere. Quando passo vicino ai “miei” caprioli che mi ha fatto Rudy, tutti tassativamente frutto della sua ispirazione (come ogni buon artista che si rispetti, le sue opere migliori sono quelle che non fa su ordinazione!) devo sempre fermarmi ad ammirarli e ad annusarli perché, oltre alla magica bellezza, mantengono il profumo caratteristico delle meravigliose foreste dolomitiche da dove vengono. Recentemente, mentre discutevo con Rudy di caccia, di selvaggina e di sculture, mi ha confidato che ha intenzione di prendere una nuova carabina con cui poter far tutto sulle sue amate montagne.
Gli ho consigliato il 7 mm Remington Magnum, ma penso di aver fatto male! Perché so che in mano sua, ad un abile cacciatore com’è lui, atletico, arrampicatore e con la vista acuta, potrebbe dare troppo filo da torcere a tutti i signori del bosco e delle montagne cadorine! Ormai è diventata una simpaticissima tradizione il nostro scambio, quasi quotidiano, di saluti. Lui mi racconta del tempo che fa nelle Dolomiti e a quali soggetti sta lavorando, mentre io, invece, gli descrivo come va la caccia in Maremma. Ma tutte le volte che il postino suona alla mia porta con un pacco e vedo che proviene da Santo Stefano, devo mettermi seduto prima di aprirlo!
Marco Benecchi