Mentre il Piano Lupo si avvia verso il cassetto del dimenticatoio della Conferenza Stato - Regioni, a sorpresa trova invece accoglimento l'accordo sul Piano d'azione nazionale per il contrasto degli illeciti contro gli uccelli selvatici, approvato dalla Conferenza il 30 marzo scorso su proposta del Ministero dell'Ambiente.
Il Piano che circolava già da mesi, risulta leggermente modificato nelle azioni da proporre con una certa urgenza al Parlamento. Sparisce per esempio la proposta di garantire la qualifica di Polizia Giudiziaria alle Guardie Venatorie (effettivamente improponibile) e se ne và pure il poco attuabile divieto di vendita dei richiami elettroacustici (avrebbe colpito anche i tanti ambientalisti che li usano per fini di osservazione e censimento). Rimane però una ferma, quanto spropozionata, volontà di inasprire i reati venatori e le conseguenze che essi possono poi avere sul futuro del cacciatore.
Il Piano, entro 24 mesi, chiede di apportare modifiche legislative per rendere più incisiva l'attività di vigilanza e controllo. Quali? Eccole: inserire le Regioni tra gli enti a cui è assegnata la vigilanza ittico - venatoria; prevedere l'applicabilità della sanzione accessoria dell'esclusione definitiva della concessione della licenza di porto fucile ad uso caccia a tutti i casi rientranti nel regime sanzionatorio penale; prevedere altra sanzione accessoria di sospensione o revoca della licenza di caccia a tutti i casi di maggior gravità rientranti nel regime sanzionatorio amministrativo; introdurre il divieto di detenzione di richiami elettroacustici nel corso dello svolgimento delle attività di caccia e in tutte le fasi preparatorie della stessa, incluso l'addestramento cani; divieto di detenzione di munizioni contenenti piombo nei luoghi di caccia in cui tali munizioni non possono essere utilizzate; l'aggiornamento del quadro sanzionatorio per gli illeciti contro la fauna sulla base dell'entità dei ricavi illeciti che si possono trarre dall'attività illegale e al danno arrecato alla biodiversità, (gravity factor), valutando l'opportunità di rimodulare le pene previste all'art. 30 della legge 157/1992 e di trasformare in delitti le fattispecie più gravi oggi reati contravvenzionali (ad esempio lettere a), b), c), d), e), comma 1, dell'articolo 30 della legge n.157/92.
Altre azioni proposte sono: la formazione dei magistrati; l'uniformazione delle competenze attribuite alle guardie venatorie volontarie; forme più strette di controllo sul circuito della ristorazione e sugli allevamenti; armonizzazione delle regolamentazioni regionali in materia di caccia, allevamento, detenzione e commercio delle specie ornitiche; rafforzamento della tracciabilità degli animali detenuti; più controlli sull'importazione e il commercio degli uccelli selvatici destinati al consumo umano; campagne di sensibilizzazione per i cittadini e infine l'intenzione di incoraggiare i comportamenti virtuosi, premiando i cacciatori che si attengono alle regole e concorrono alle forme di gestione attiva (per esempio svolgendo attività di guardia volontaria).
Il tutto per risolvere un'inesistente infrazione con l'Europa sul bracconaggio (ovvero l'EU Pilot 5283/13/ENVI, che richiederebbe una risposta coordinata più che un piano d'azione). Il progetto redatto dall'Ispra anzitutto punta a far credere che in Italia il fenomeno sia diffusissimo, che addirittura si abbatterebbero illegalmente, qualcosa come 18 uccelli per km quadrato l'anno. Peccato che i dati, come spesso accade in questo campo, non ci sono, o sono vecchi. Il tutto è basato su supposizioni, stime, imprecisioni e studi, di parte, di almeno un decennio fa. Tanto per intenderci, le ricerche del caso fanno capo alla Lipu, associazione a cui il Minambiente ha affidato ricerche sulla fauna ornitica. Quasi come se questo benedetto Eu Pilot (scaturito, come altri sull'argomento, dalle menti ambientaliste nostrane) fosse l'ennesimo pretesto per rompere ancora un po' le uova nel paniere ai cacciatori.