Riceviamo e pubblichiamo:
Leggo incuriosito i commenti di alcuni eroi della tastiera che sono abituati ad elargire giudizi standosene comodamente in poltrona con il telecomando in mano.
Vediamo di analizzare con serietà ed intelligenza l'esito della trasmissione condotta da Del Debbio su Rete Quattro che, nelle intenzioni del conduttore, aveva tra i suoi obiettivi non certo quello di convincere gli animal-ambientalisti a farsi la licenza di caccia o i cacciatori a diventare vegani, ma quello di evidenziare l'abissale differenza, anche culturale, che esiste tra gli animal-ambientalisti ed i cacciatori.
Ad assistere, tra una parte e l'altra c'era chi, da spettatore, doveva farsi un'opinione.
Dalla trasmissione è emerso chiaramente che gli esagitati, i pericolosi per la società, gli integralisti, coloro che delinquono ed istigano a delinquere sono dalla parte degli animal-ambientalisti, non certo dalla parte dei cacciatori.
Molto abilmente sia il conduttore Del Debbio che il giornalista Giordano hanno più volte tirato in trappola gli animal-ambientalisti per rendere palese questa evidente differenza tra gli opposti schieramenti, stigmatizzando più volte le affermazioni di chi gioiva per la morte di un essere umano, solo perché cacciatore.
Possiamo certo discutere sull'opportunità di mettere insieme argomenti che poco sembrerebbero avere a che fare con la caccia, tipo l'allevamento dei visoni o le pellicce, ma il vero obiettivo del conduttore era far capire all'opinione pubblica chi sono gli animal-ambientalisti, come la pensano veramente e quali metodi utilizzano per tentare di imporre le loro malsane convinzioni.
Nei pochi secondi messi a disposizione di Maria Cristina Caretta che era in collegamento esterno presso la sede di Thiene (VI) dell'Associazione Cacciatori Veneti-CONFAVI, la Presidente CONFAVI ha molto abilmente evitato di farsi tirare nella bolgia, evidenziando questi punti:
1) Chi più contesta la caccia, meno la conosce (ha dato degli ignoranti agli animal-ambientalisti);
2) La caccia non è l'uccisione degli animali per divertimento ma è strumento utile, spesso indispensabile, per garantire la corretta gestione del patrimonio faunistico ed ambientale;
La caccia è anche economia (8 miliardi di euro di fatturato all'anno);
3) La caccia è anche occupazione (94.000 occupati nel settore con 100.000 occupati nell'indotto);
4) La caccia è anche entrate per l'erario (116 milioni di euro all'anno di entrate in tasse, alle quali si aggiungono 140 milioni di euro all'anno di tasse di concessione governativa);
5) La caccia è attività dieci volte meno pericolosa rispetto a tutte le altre esercitate in Italia;
Tutto questo detto in pochi secondi e con la difficoltà di essere in collegamento esterno, situazione molto più disagiata rispetto a quella di essere in studio dove una pacata Picci ha ben figurato non tanto per quello che ha detto ma per il modo in cui l'ha detto e dove un sornione Filippi ha fatto il gioco di chi fa finta di essere remissivo per esaltare le contraddizioni dell'avversario.
Sappiamo che il nostro è un Paese di commissari tecnici mancati, di professori senza laurea o di avvocati delle cause perse, ma avrei voluto vedere quanti, tra coloro che si ergono a giudici dal sicuro della loro poltrona o nascosti dietro una tastiera, avrebbero saputo fare meglio di quelle e di quelli che, nella difficile situazione in cui sono stati chiamati a confrontarsi, ci hanno messo la faccia per contrastare gli animal-ambientalisti.
Ricordatevi che gli altri presunti rappresentanti del mondo venatorio italiano hanno preferito, in tutti questi anni, starsene nascosti e lasciare ai nostri nemici dire e fare quello che hanno voluto, partendo dal presupposto sbagliato secondo cui "parlare per difendere la caccia in pubblico è peggio perché si corre il rischio di perdere quel poco che ci è rimasto".
La famosa politica del carciofo che ci ha portato in questi anni a perdere ogni anno qualche foglia fino a rimanere desolatamente con il gambo in mano.
Brave e bravi quindi a coloro che hanno avuto il coraggio di esporsi in prima persona, non certo per far cambiare idea agli animal-ambientalisti, ma per aver saputo far emergere, di fronte all'opinione pubblica, la vera natura di chi ha ancora una volta dimostrato di privilegiare la vita di un cagnolino a quella di un essere umano.
Sergio Berlato