Caccia al cinghiale quattro mesi consecutivi per quattro giornate la settimana. È questa la richiesta del consigliere regionale delegato alla caccia,
Cristiano Di Pietro contenuta nell’ordine del giorno protocollato in data 17 maggio.
"Malgrado gli enormi passi in avanti fatti per il mondo venatorio molisano a lungo abbandonato che, in linea con quanto stabilito dalla legge 157/92, ha visto la recente istituzione della caccia di selezione agli ungulati con il metodo dei selecacciatori e l’approvazione del relativo Regolamento al fine di ridurre il numero degli esemplari presenti, nonostante i dati negativi provenienti dalle altre regioni che ci hanno preceduto – spiega il consigliere Di Pietro – l’emergenza cinghiali continua a causare ingenti danni e merita risposte e soluzioni condivise da tutto il Paese. L’ordine del giorno protocollato – precisa – arriva dopo la richiesta per il riconoscimento dello stato di calamit�presso il Governo nazionale con ampliamento dei termini del periodo di abbattimento per il contenimento della specie cinghiale. Il nuovo atto, dunque, si è reso necessario per continuare a porre i riflettori su una problematica seria che coinvolge l’intero territorio nazionale già portata all’attenzione del Ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina nonché dell’onorevole Laura Venittelli, non avendo ricevuto finora nessuna risposta dal Governo ne’ dal Parlamento" scrive Di Pietro.
Il nuovo documento impegna il Presidente Paolo Di Laura Frattura a proporre presso la conferenza Stato-Regioni la modifica dell’art. 18 comma 1 lettera d) e comma 5 legge 157/92 e il Presidente del Consiglio regionale del Molise Vincenzo Cotugno a trasmettere la richiesta ai Consigli regionali delle altre regioni affinché possano adottare pari atto al fine di rafforzare la richiesta nei confronti del Governo nazionale.
"La caccia – prosegue Di Pietro – è l’unico strumento efficace per il contenimento di questa specie. Pertanto, sono necessarie misure straordinarie diverse da quelle previste da una legge nazionale risalente al 1992 che risulta anacronistica rispetto alla situazione degli ultimi 25 anni caratterizzata da un aumento esponenziale degli ungulati sul territorio. Ecco perché – conclude il consigliere delegato – questa deve essere una battaglia nazionale che deve necessariamente coinvolgere tutte le regioni italiane. Abbiamo il dovere di garantire la sicurezza dei cittadini proteggendoli dai potenziali rischi legati alla salute pubblica nonché dai sinistri automobilistici provocati dagli attraversamenti stradali di vere e proprie mandrie di ungulati. A tutto questo si aggiunge anche la necessità di dover contenere i costi relativi ai risarcimenti danni che la Regione è costretta a impegnare in un momento di difficoltà economica generale".