Con sentenza del 23 maggio scorso, la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittima parte della legge regionale Ligure n. 29 del 2015 (Collegato ambientale che ha in parte modificato la legge regionale sulla caccia). In particolare sono state accolte le censure del Consiglio dei Ministri sulle disposizioni in merito all'addestramento cani, alle 15 giornate libere rispetto all'opzione scelta (ndr, queste due norme di fatto erano già state cambiate dalle più recenti modifiche dalla Regione), al recupero dei selvatici feriti (con armi) oltre l'orario di caccia e nei giorni di silenzio venatorio e ai Piani di abbattimento affidati a squadre di cacciatori.
Gli articoli dichiarati illegittimi:
Addestramento cani
L’art. 88 determinava direttamente l’arco temporale durante il quale erano stati permessi l’addestramento e l’allenamento dei cani da caccia (dal 15 agosto alla seconda domenica di settembre) con esclusione delle zone indicate dal comma 1. "Gli artt. 10 e 18 della legge n. 157 del 1992 - scrive la Corte nella sua sentenza - prevedono invece che tale arco temporale debba essere stabilito nel piano faunistico-venatorio, con conseguente divieto di ricorrere a una legge-provvedimento (sentenza n. 193 del 2013). Questa prescrizione - spiega la Consulta - assicura garanzie procedimentali per un giusto equilibrio tra i vari interessi in gioco, da soddisfare anche attraverso l’acquisizione di pareri tecnici. Essa perciò esprime una inderogabile regola di tutela ambientale alla quale la norma impugnata illegittimamente si è sottratta. È assorbito l’ulteriore profilo di censura relativo alla individuazione del termine per l’addestramento e l’allenamento dei cani da caccia, che cadrebbe in un periodo durante il quale l’attività venatoria è vietata". N.b.: Non cambia nulla perchè la Regione aveva già modificato la legge dopo l'impugnativa del Governo.
Le 15 giornate libere al di fuori dell'opzione scelta
Incostituzionale secondo la Corte anche l’art. 89, nella parte in cui (comma 1), permetteva (prima delle modifiche del 2016) che, a certe condizioni e nel rispetto del limite di quindici giornate per stagione venatoria, la caccia fosse esercitata in altra forma rispetto a quella per la quale si è optato. "L’art. 12 della legge n. 157 del 1992 prevede, invece, - si legge nella sentenza - che la caccia sia praticata «in via esclusiva» in una delle seguenti tre forme: vagante in zona Alpi; da appostamento fisso; nella altre forme consentite dalla legge e praticate nel rimanente territorio destinato all’attività venatoria programmata". Evidenziano poi i giudici: "Questa Corte ha già ritenuto che la norma statale, in quanto volta «ad assicurare la sopravvivenza e la riproduzione delle specie cacciabili», possa essere oggetto di integrazione da parte della legge regionale «esclusivamente nella direzione dell’innalzamento del livello di tutela» (sentenza n. 116 del 2012; in seguito, sentenza n. 278 del 2012); perciò è evidente che il permettere, sia pure limitatamente, una forma di caccia diversa da quella per cui si è optato in via generale non opera in questa direzione ed è pertanto costituzionalmente illegittimo". Anche questo punto della sentenza non andrà in nessun modo ad inficiare la legge, che era già stata modificata a novembre 2016 con l'abrogazione della parte impugnata.
Recupero selvatici con armi fuori dall'orario di caccia
Incostituzionale anche l’art. 92, nella parte in cui, sostituendo l’art. 35, comma 9, della legge della Regione Liguria n. 29 del 1994, consente il recupero dei capi feriti con le armi anche fuori degli orari previsti per la caccia e nelle giornate di silenzio venatorio. Ai sensi dell’art. 12, commi 2 e 3, della legge n. 157 del 1992, l’abbattimento e la cattura della fauna selvatica con l’uso delle armi costituiscono esercizio venatorio; inoltre l’art. 21, comma 1, lettera g), della legge n. 157 del 1992 vieta il trasporto di armi da sparo per uso venatorio che non siano scariche e in custodia «nei giorni non consentiti per l’esercizio venatorio». Viene così formulata l’inderogabile regola che, quando l’esercizio venatorio è precluso, esclude l’introduzione di armi in forme potenzialmente idonee all’uso. Tale regola appartiene alla competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela dell’ambiente (sentenza n. 2 del 2015), sicché la norma impugnata, che vi deroga, è costituzionalmente illegittima".
Piani di abbattimento affidati ai cacciatori
Invalidato infine l'articolo 93 che ha sostituito l’art. 36 della legge regionale n. 29 del 1994, nella parte in cui (al comma 2) consente consente l’attuazione dei piani di abbattimento da parte di «cacciatori riuniti in squadre validamente costituite, nonché cacciatori in possesso della qualifica di coadiutore al controllo faunistico o di selecontrollore».
Qui le questioni di legittimità costituzionale sono due. L'impugnativa del Governo riguarda in primo luogo la parte in cui consente, oltre alle azioni di controllo esercitate con metodi ecologici, anche la previsione di piani di abbattimento, senza prevedere quindi una rigida subordinazione dei piani di abbattimento alla preventiva utilizzazione dei metodi ecologici come imposto dalla legge 157/92. In sostanza l’abbattimento è permesso solo se l’ISPRA ha verificato l’inefficacia dei metodi ecologici e le Regioni non possono legiferare diversamente. "La norma impugnata non assicura la priorità del metodo ecologico rispetto al piano di abbattimento, parificando invece l’uno e l’altro strumento, senza fare riferimento alle verifiche demandate all’ISPRA.
La seconda questione di legittimità costituzionale accolta dalla Corte riguarda la parte dell'articolo che permette l’attuazione dei piani di abbattimento anche da parte di cacciatori riuniti in squadre validamente costituite e di cacciatori in possesso della qualifica di coadiutore al controllo faunistico o di selecontrollore. "L’art. 19, comma 2, della legge n. 157 del 1992, invece, - scrive la Consulta - non permette ai cacciatori di prendere parte all’abbattimento, a meno che non siano proprietari o conduttori del fondo sul quale si attua il piano. Questa Corte ha già ritenuto che l’elenco contenuto nella norma statale, con riguardo alle persone abilitate all’attività in questione, è tassativo, e che una sua integrazione da parte della legge regionale riduce il livello minimo e uniforme di tutela dell’ambiente (sentenze n. 107 del 2014 e n. 392 del 2005; ordinanza n. 44 del 2012). Ne segue l’illegittimità costituzionale della norma oggetto di censura".