La normativa che modifica la legge 394 sulle aree protette, in dirittura d’arrivo al Senato, è una mina vagante che rischia di rendere ingovernabile il tema della gestione della fauna e compromettere una situazione già drammatica per quanto concerne il controllo delle specie ungulate. Per la caccia poi si tratta di una immotivata sottrazione di spazi con una perdita secca di territorio a disposizione.
Per quanto riguarda le azioni di controllo all’interno delle arte protette, se prima esistevano problemi nel condurre efficaci interventi con l’utilizzo dei cacciatori abilitati, il meccanismo che va in approvazione, con le restrizioni e la complicazione delle procedure, la sottomissione ai pareri di ISPRA, ballerini e, esperienza insegna, non sempre scientificamente fondati, promette le definitiva vittoria delle burocrazia e dell’incompetenza sull’indispensabile primato di tecnica ed efficacia.
Il dispositivo pensato per le aree pre – parco sin qui regolato in Toscana dal principio di ammissione dei cacciatori iscritti all’ATC nel cui perimetro tali aree sono collocate, riduce l’agibilità ai soli residenti. Non basta neppure la residenza anagrafica nel comune cui le aree contigue ricadono: conta la “strada” ed il numero civico…
Siamo alla follia. Dopo cinque anni di lavori, la montagna ha partorito un topolino abnorme: dalle Camere della Repubblica esce un testo contradditorio e pasticciato, pieno di incongruenze e che presenta vizi di legittimità costituzionale, specie laddove tocca ruoli e competenze proprie delle regioni. La Confederazione Cacciatori Toscani chiede che sulla materia si giunga ad un ripensamento organico, e chiede alla regione Toscana di far sentire la propria voce, difendendo le proprie prerogative. (Confederazione Cacciatori Toscani)