La legge Obbiettivo, con particolare riferimento alla gestione del cinghiale, che è stata fallimentare, è da rifare. Su questa base l’associazione Futurcaccia Cinghialai aretini in collaborazione con la Confederazione Cacciatori Toscani, lancia le proprie proposte in una conferenza stampa.
Tra i punti di maggiore frizione il disconoscimento e la mortificazione del ruolo delle squadre, addirittura additate come responsabili e colpevoli della degenerazione del problema. “Un taglio che traspariva sin dalla sua comparsa nella Legge Obiettivo della Regione Toscana; una Legge spot, da subito contestata dalla CCT, sola tra tutte le associazioni venatorie – ha detto Claudio Tani della CCT – e per la cui modifica la Confederazione si è da subito battuta con proposte concrete. Cassata un’ottima legge, si è ricorsi ad uno strumento normativo straordinario, mentre occorreva semmai applicare le normative esistenti, coniugando la responsabilità dei cacciatori e delle squadre con gli strumenti del prelievo in controllo, applicando l’articolo 37 nelle aree sensibili”.
“L’impostazione scelta – ha spiegato Giuseppe Migliorini, presidente di Futurcaccia Cinghialai Aretini – ha finito con il produrre conflitto tra forme di caccia. E l’introduzione della caccia di selezione al cinghiale ha fallito gli obiettivi e si è dimostrata, numeri alla mano, inadeguata a risolvere il problema”. Dello stesso avviso il conte Gianluigi Borghini Baldovinetti de Bacci: “In qualità di produttore e cacciatore sono convinto – ha detto – che la braccata resti lo strumento principe per risolvere i problemi” Lo strumento del controllo (articolo 37), in passato utilizzato con ottimi risultati dai cacciatori e dai distretti di caccia al cinghiale ha prodotto storicamente numeri non comparabili con quelli ottenuti con la nuova normativa: lo ha detto a chiare note Domenico Coradeschi: “Oggi i numeri dei capi prelevati con le nuove modalità risultano estremamente ridotti rispetto al passato e si registrano conflittualità crescenti sul territorio da parte di quanti, spesso con scarsi controlli, si sentono autorizzati e supportati in questo ruolo di giustizieri. Tutto ciò con buona pace di chi, anche nel mondo venatorio e agricolo, tardivamente si rende conto dei danni prodotti da quell’impianto normativo o addirittura si attarda a dar manforte alla Regione”.
Ed ecco le proposte di Futurcaccia e la CCT:
- piani di gestione articolati per gli ungulati, in particolare per il cinghiale anche per il sistema delle aree protette e degli istituti faunistici.
- ridefinizione perimetrale delle aree vocate coinvolgendo i distretti e senza avvalorare la falsa aspettativa che alla riduzione ettariale dell’area vocata corrisponda una diminuzione dei cinghiali.
- fascia di rispetto oltre i confini dell’area vocata, di almeno 500 metri per aumentare la competenza e la responsabilità delle squadre, estendendo qui sia il prelievo che la prevenzione e per evitare conflitto tra caccia di selezione e distretti, in quanto gli abilitati alla caccia di selezione al cinghiale, dovranno essere solo quelli iscritti alle squadre
- applicazione articolo 37 come strumento necessario per limitare i danni, attivare in tempi utili gli interventi anche ai fini preventivi su tutte le aree sensibili.
- massimo snellimento delle procedure autorizzative per assicurare soprattutto negli istituti faunistici, interventi mirati ed efficaci con tutte le forme di prelievo previste e ricorrendo senza particolari orpelli, all’attivazione della braccata o della girata allargata nelle situazioni territoriali dove si rende necessaria.
- attivazione del foraggiamenti dissuasivi in punti georeferenziati, ottima forma di prevenzione soprattutto nelle aree contigue alle produzioni di qualità se attivato con intelligenza,
- rafforzamento degli strumenti del controllo e diversa organizzazione della caccia di selezione al cinghiale nelle aree non vocate nel massimo rispetto della legge e della sicurezza
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