A seguito della sospensione/uscita di Arcicaccia dalla Fenaveri,
Sergio Sorrentino ha inviato una lettera agli altri presidenti delle Associazioni venatorie nazionali (Gianluca Dall’Olio, Presidente Nazionale FIdC, Paolo Sparvoli, Presidente Nazionale ANLC, Lamberto Cardia, Presidente Nazionale Enalcaccia, Marco Castellani, Presidente Nazionale ANUUMigratoristi, Gianni Corsetti, Presidente Nazionale Italcaccia, Galdino Cartoni, Presidente Nazionale EPS). Eccola:
Gentili Presidenti,
le difficoltà a promuovere le ragioni della caccia italiana sono presenti a noi tutti. Il lavoro svolto dalle nostre Associazioni, purtroppo, non sembra aver prodotto significativi miglioramenti.
L’isolamento nella società, la marginalizzazione della comunicazione venatoria, i difficili – se non inesistenti – rapporti con Parlamento, Governo e Istituti Scientifici (emblematico e recente il ruolo di ISPRA rispetto alle pre-aperture) sono sofferenza per i cacciatori, indipendentemente dalla Tessera che hanno.
Il percorso unitario della FENAVERI, per la parte di Associazioni che l’hanno, convintamente, costituita nella speranza dell’unità, non è decollato, lo diciamo con parole non equivocabili e un suo peso lo ha avuto, l’assenza di volontà della FIdC di costruire, una Federazione tra le Associazioni Venatorie Nazionali strutturata contestualmente e nelle Regioni e centralmente. Questo è il modello unitario possibile rispettoso dell’autonomia delle Associazioni Venatorie Nazionali che, liberamente, vi aderiscono.
Abbiamo promosso tentativi dal Veneto al Piemonte; dalla Campania all’Abruzzo, all’Umbria, nelle Marche… una storia infinita. L’unica esperienza attiva è quella dell’Emilia Romagna che, se c’era volontà, poteva affermarsi in altre Regioni, a partire dalla confinante Toscana.
L’esperienza della FIdC/CCT, come riconosciuto dalla Presidenza della FENAVERI, presenta criticità, è un impedimento all’unità. Non si evolve nella prospettiva strategica federativa della FENAVERI, esclude le Associazioni Venatorie Nazionali e, nei fatti, si propone come l’unità della FIdC. Parole equivoche come “casa comune”, la FIdC le insegue con l’idea, solo sua e forse dell’ANUU (e non ne fa mistero), di confluenze, come i fatti dimostrano. Dall’idea federativa iniziale, la FIdC è passata ad un modello toscano che contrasta con la FENAVERI.
A “fondersi”, almeno a quanto risulta, sono convintamente non disponibili Enalcaccia, ARCI Caccia, Italcaccia, EPS, Liberacaccia, si vorrà prenderne atto? L’Associazione unica Toscana è la FIdC che si guarda allo specchio in contrapposizione alle Federazioni unitarie strutturate nelle Regioni. Ogni discussione su altri possibili percorsi unitari a pari dignità dei cacciatori che vorranno liberamente aderirvi prevede, quale primo atto, la liquidazione della FIdC in Italia e, contestualmente, di quelle Associazioni che saranno interessate, quando sarà all’ordine del giorno in questi termini.
Già qualche anno fa la FIdC aveva deliberato il suo scioglimento per evitare di perdere le condizioni di miglior favore che le derivavano dal riconoscimento CONI ma non ha prodotto ancora alcun atto conseguente. Per la caccia italiana che la FIdC cambi nome, non ha alcun significato. Attendiamo la soluzione che darà l’Assemblea della FIdC alla contraddizione che è solo in lei, ma pagano tutti i cacciatori: UNITA’ sarà Federazione tra Associazioni? Altrimenti cosa?
La FENAVERI “romana”, attualmente è una sigla di copertura dell’assenza di indirizzi ai territori. Solo l’Emilia Romagna è interprete FENAVERI.
La soluzione realizzabile subito per migliorare lo “stallo” e dare risposte alle problematiche aperte, è la convocazione periodica di un Tavolo paritetico tra tutte le Associazioni Venatorie Nazionali Riconosciute, per avere, almeno, un’ampia e rappresentativa sede di confronto.
Il Tavolo paritario potrebbe essere convocato quando uno o più Presidenti ne ravvisano la necessità e avere il supporto logistico delle Associazioni partecipanti. Trimestralmente si potrebbe fare una verifica sulle decisioni che si sono assunte.
Sarà questa la sede ove aprire – e urgentemente - un confronto sulla FACE, questione che riguarda tutte le Associazioni Venatorie Nazionali Riconosciute. Per i cacciatori italiani si versano a FACE circa 70.000,00 euro l’anno. Qualcuno dice pochi, rispetto a quelli che versano gli ambientalisti per la loro organizzazione europea. Per FACE ci sono problemi anche in altri Paesi europei. Le questioni internazionali meritano una consultazione tra i cacciatori per capire se sono priorità i costi per la sede, gli apparati o avere, invece, prima, una strategia politica della FACE che coniughi e rispetti le diversità tra gli Stati nella gestione faunistica? Quali risultati hanno portato a casa i cacciatori italiani? Non è da oggi che lo chiedono.
Occorre che l’interesse dei cacciatori prevalga su quelli di Associazione. La caccia vive nelle campagne territori – e qui deve arrivare l’unità interassociativa (è così è in molte parti) – non fermarsi a Roma. Dall’esperienza dei territori, l’Associazione di maggioranza prenda atto che la “caccia” non sarà mai delegata solo a lei e che i tempi dell’Associazione obbligatoria sono quelli del passato.
Ai cacciatori occorre fornire un modello di gestione faunistica unitaria, servizi qualificati avere una polizza buona e uguale così da garantire tutti (sopra gli interessi delle Associazioni), promuovere attività sportive in comune (si avvertono le difficoltà della FIDASC a rappresentare “le armi sportive da caccia”). E’ una necessità liberare il confronto democratico pubblico partecipato, affinchè la sincerità sia sinonimo di unità dei cacciatori.
Lavoreremo, ci auguriamo insieme anche grazie al “Tavolo”, per rafforzare il confronto, avviato nelle Regioni e ai livelli locali con la partecipazione delle Associazioni nazionali per avere più solidi rapporti con le Istituzioni e per valorizzare il ruolo degli ATC e dei CA, insostituibili strumenti di gestione della fauna selvatica (ipotetici nuovi soggetti, per scimmiottare altri Paesi, sono chiacchiere).
Il passato insegna che, quanti si dilettano nell’usare gli ATC e i CA come luoghi di esercizio di potere “ammazzano” la caccia. Non può essere questo l’interesse che unisce, e non basta negarlo.