A soli 31 anni Francesco Rustici è il nuovo Presidente di Arct (Associazione Regionale Cacciatori Toscani), un vero record anagrafico per gli standard a cui siamo abituati. Ma la giovinezza non è certo stata la sua sola carta vincente. Chi lo ha votato ha senz'altro tenuto conto del fatto che si è laureato alla prestigiosa Scuola Normale di Pisa, dove per altro sta prendendo il dottorato in Storia della lingua italiana.
Diviso tra Grosseto e Firenze, da buon toscano di campagna, si è avvicinato prestissimo alla caccia con la più comune delle trafile: “un bambino ammaliato e affascinato dai racconti e dalle storie che la domenica rimbalzavano, dette e ridette, intorno alla grande tavola da pranzo nella casa dei nonni” ci racconta. “Sono un figlio d'arte, insomma – prosegue -. La caccia, che vive nell'esperienza diretta tanto quanto nella sua narrazione, ha sempre rappresentato un elemento importante nella vita sociale delle piccole comunità rurali. Essere un cacciatore capace ed esperto non era certo uno scherzo e da piccoli, insieme ai miei cugini, sognavamo quel giorno in cui avremo potuto raccontare le nostre storie: in cui avremo potuto sedere, con diritto di parola, al tavolo dei grandi. A questo proposito vorrei suggerire una riflessione, oggi che siamo nell'era dei social e dei supporti digitali, non appiattiamoci – soprattutto noi cacciatori più giovani – sulla sola realizzazione dei video. È più che comprensibile la voglia di voler condividere le proprie battute di caccia e le proprie emozioni – anche io seguo spesso su youtube qualche canale dedicato – ma cerchiamo di non abusarne. Personalmente vivo la caccia con intimità, perlopiù in solitudine o insieme a pochi e inseparabili amici, e nessun video potrà mai replicare le emozioni di quelle giornate. Insomma, torniamo anche a raccontare, a mimare, a recitare le nostre avventure perché la caccia è sopratutto una grande storia e una tradizione orale”.
Francesco pensa che ogni tipo di caccia abbia il suo fascino. Personalmente, anche in linea con le tradizioni dei suoi luoghi, pratica però quasi esclusivamente due forme di caccia: quella con il cane da ferma “ho uno splendido spinone italiano che da anni mi insegna come fare”, e quella ai colombacci da appostamento fisso con richiami vivi “qui invece ho un babbo e due zii che un po' meno splendidamente mi insegnano come fare. Queste sono le mie due grandi passioni”.
Gli chiediamo cosa rappresenta per lui nella sua vita. “La caccia è una grande passione e non è facile descriverla in poche parole. Credo – spiega - che sia un'attività di raccordo tra molti aspetti importanti della vita dell'uomo, inteso sia come singolo sia come specie. È, insieme, il fisiologico approdo di una tensione millenaria, l'esaltazione di una storia centenaria di vita rurale, la voglia di trascorrere del tempo immersi nella natura e dentro sé stessi. La caccia è un'esperienza vera, uno stile di vita che investe molta parte delle nostre vite e delle nostre emozioni: un ambito immenso all'interno del quale il fucile – per quanto importante – non è altro che uno strumento in fondo marginale”.
L'importanza della caccia è anche ambientale. “La caccia è di per sé un'attività vòlta alla salvaguardia dell'ambiente ed è vero che non c'è miglior ambientalista del vero cacciatore - argomenta Francesco -. Successivamente occorre però fare due precisazioni: la prima sul significato di ambientalista, la seconda sul senso di «vero» cacciatore. Per la prima occorre ribadire che l'uomo si inserisce nel contesto naturale in maniera attiva e durante secoli di tradizione e cultura rurale gerarchizza la propria sussistenza nel panorama delle altre forze in campo, vegetali ed animali. Voler bene all'ambiente ed essere motivati alla sua tutela impone dunque una conoscenza profonda della realtà naturale, un sapere che non lascia spazio al buonismo moderno, fondato sull'ignoranza e sul pregiudizio. La seconda precisazione riguarda invece il significato di cacciatore, che non è mai uno "sparatore": spesso invece l'esatto contrario. Purtroppo, parlando per categorie, si corre spesso il rischio di generalizzare ed il comportamento scellerato di pochi rischia spesso di infangare la rettitudine di molti. Un po' come nel calcio insomma, dove il tifo sano e caloroso spesso è oscurato da sporadici comportamenti violenti".