Ormai è chiaro che la Regione Lombardia vuole porre una barriera con un silenzio assordante sulle nostre cacce tradizionali lasciando mano libera al microbracconaggio dei richiami vivi che non può essere fatto risalire alle Associazioni venatorie, grandi o piccole che siano. Invero, si preferisce che l’Europa ponga un dito accusatore contro il nostro Paese, e la Lombardia compresa, pur di non retrocedere creando un muro dinnanzi all’attuale vigente legislazione, dopo l’archiviazione da parte della Commissione UE in data 16/06/2016 della procedura d’infrazione EU Pilot n. 2014/2006 – Cattura di uccelli da utilizzare come richiami vivi –, e come ribadito dal Ministero dell’Ambiente con lettera all’ISPRA in data 12/09/2017.
Il Senato con l’O.d.G. G/1962/12/14, in data 23/07/2015, aveva dichiarato che le reti per la cattura non massiva erano legittime, così come dichiarato dallo stesso MIPAAF sin dal 22/11/1996 che faceva proprio il parere dell’ex INFS, ora ISPRA, con propria circolare perfettamente in linea con gli indirizzi della Guida Interpretativa UE al punto 3.5.51 per cui “gli aspetti tecnici del metodo utilizzato possono dimostrare in maniera verificabile il carattere selettivo” e che al punto 3.5.22 richiama espressamente la sentenza base della Corte di Giustizia Europea nella Causa C-182/02 “come la cattura e la cessione di uccelli selvatici anche fuori dei periodi di apertura della caccia allo scopo della loro detenzione per essere utilizzati come richiami vivi o per fini amatoriali nelle fiere e mercati” è compatibile con l’impiego misurato autorizzato dall’art. 9, n. 1, lett. c).
Vi è uno scaricabarile tra i politici e i funzionari che, a questo punto, preferiscono fare interpretare la legge sulla documentazione del passato e non su quella operante con l’art. 21 della Legge Comunitaria n. 115/2015, che ha modificato il comma 3 dell’art. 4 della L.N. 157/92 laddove viene cancellato tutto il passato e in cui chiaramente è scritto che: “L’attività di cattura per l’inanellamento e per la cessione ai fini di richiamo può essere svolta esclusivamente con mezzi, impianti o metodi di cattura che non sono vietati ai sensi dell’allegato IV alla direttiva 2009/147/CE da impianti della cui autorizzazione siano titolari le province e che siano gestiti da personale qualificato e valutato idoneo dell’ISPRA”.
Pertanto si chiude con il passato, abbassando una saracinesca, ed è per questo che il Ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti, fin dal 5/08/2016 invitava le Regioni interessate “ad operare fin da ora, in modo pienamente legittimo, attivando il meccanismo delle deroghe di cui al citato art. 19-bis” e lo ribadiva anche al Presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome, Stefano Bonaccini, precisando il 3/11/2016, quasi alla nausea, che “le Regioni sono legittimate dalla normativa vigente nazionale sulla caccia ad attivare deroghe al divieto di prelievo di uccelli, laddove accertino la sussistenza di tutte le condizioni per la loro applicazione”.
Dinnanzi a questo quadro giuridico delle catture non si comprende come si possa ricordare un passato che non è più presente nella vigente normativa sopra richiamata, ma che rimane solo nella storia delle tradizioni venatorie, nelle biblioteche con i suoi magnifici scritti e nei racconti di quegli uomini che l’avevano vissuto e si rammaricano dell’incapacità degli attuali “politicanti”, che tali sono, per un’illusoria autonomia pronta a gridare come “i lupi alla luna” ma incapaci di agire correttamente per le cose semplici nel rispetto delle promesse fatte, come quella dell’Assessore Fava che su Lombardia Verde n. 1/2015, a pag. 42, promise e assicurò “battaglie in tutte le sedi”.
Anuu Migratoristi Stampa